Berlusconi impaziente

Salvatore Merlo

Sia il Pd sia il Pdl temono la scelta del Quirinale, non si fidano l’uno dell’altro e nemmeno si fidano troppo del capo dello stato, ciascuno insegue un suo orizzonte per quanto tutto possa apparire disordinato, informe, pazzotico. Il Partito democratico (ancora guidato da Bersani?), profondamente agitato e intontito, teme che Napolitano possa utilizzare le due commissioni di saggi, e il documento a cui lavorano da stamattina al Quirinale, per tentare l’ultimo colpo di mano verso il governo di larghe intese, un’ipotesi che spaccherebbe il partito condannando al tramonto la vecchia nomenclatura che invece tenta di resistere anche a rischio di apparire irresponsabile.

    Sia il Pd sia il Pdl temono la scelta del Quirinale, non si fidano l’uno dell’altro e nemmeno si fidano troppo del capo dello stato, ciascuno insegue un suo orizzonte per quanto tutto possa apparire disordinato, informe, pazzotico. Il Partito democratico (ancora guidato da Bersani?), profondamente agitato e intontito, teme che Napolitano possa utilizzare le due commissioni di saggi, e il documento a cui lavorano da stamattina al Quirinale, per tentare l’ultimo colpo di mano verso il governo di larghe intese, un’ipotesi che spaccherebbe il partito condannando al tramonto la vecchia nomenclatura che invece tenta di resistere anche a rischio di apparire irresponsabile. Al contrario, Silvio Berlusconi teme che la fase di decantazione promossa dal Quirinale duri troppo, che gli faccia perdere il treno di elezioni anticipate che lui pensa di poter vincere, che tutto si avvicini pericolosamente a un autunno che il Cavaliere prevede “caldo” per le sue questioni giudiziarie. “I saggi facciano presto, o larghe intese o voto”, dice Angelino Alfano. Insomma se nel Pdl temono che il Quirinale punti a prendere tempo, nel Pd invece temono che Napolitano voglia fare in fretta, com’è sembrato confermare lo stesso Quirinale ieri sera in un comunicato: “Ci sono limiti temporali al lavoro dei saggi”. Nel Pd, agitato da un intenso tramestio, c’è chi pensa che questa “iniziativa di ricognizione” possa funzionare. “Certe soluzioni andrebbero trovate in Parlamento”, dice Dario Franceschini, che come altri teme la mossa del cavallo, la chiusura super presidenzialista del settennato. Il presidente, secondo timori diffusi, potrebbe farsi consegnare entro questa settimana il documento dei dieci saggi sulle riforme e potrebbe immediatamente dare l’incarico a Matteo Renzi, spaccando il partito, affidando al sindaco di Firenze la responsabilità di un governo di larghe intese con il Caimano. Scenario esplosivo. Se il contesto politico si rivela sfilacciato e presenta tratti di irrazionalità, da stamattina bisognerà fare i conti con la fredda riapertura dei mercati e con lo spread, il differenziale che ha dettato i tempi della crisi berlusconiana e della nascita del governo Monti.

    Lady Spread incute timore, ma potrebbe rivelarsi un acceleratore “positivo” degli eventi. “E’ stato Mario Draghi a consigliare il presidente della Repubblica”, dice Emma Bonino, che ha ancora forti legami nel sistema dell’euroburocrazia (la versione non è convalidata dal Quirinale, ovviamente). L’ex commissario europeo si riferisce ai drammatici colloqui telefonici avvenuti tra la notte di venerdì e sabato mattina scorsi, nelle ore in cui Giorgio Napolitano sembrava pronto a dimettersi e sollevava le braccia di fronte all’impasse istituzionale e ai veti incrociati di Pd e Pdl. E’ in quel momento che Napolitano decide di guidare i partiti verso un ordinato meccanismo di elezione del capo dello stato: preso atto che la battaglia per il Quirinale impedisce la formazione del governo e che l’instabilità agita i mercati finanziari, il presidente ha offerto un metodo ai partiti. E’ stato Draghi, il presidente della Bce, a dipingere di fronte a Napolitano un quadro catastrofico qualora le sue dimissioni si fossero aggiunte alla mancanza di un governo. Dunque, Draghi, come nei giorni del 2011 in cui si immaginavano le architetture che avrebbero retto il nuovo governo tecnico di Mario Monti, ha di nuovo consigliato le mosse migliori per evitare, o quanto meno ritardare e contenere, un riflusso speculativo sul debito e sulla Borsa per effetto della prolungata instabilità. Il gruppo di dieci saggi selezionato personalmente da Napolitano, e senza nulla chiedere a Berlusconi o a Bersani, si riunisce oggi al Quirinale. Nelle intenzioni di Napolitano, è un messaggio forte alla comunità internazionale ed è la garanzia d’un canale diplomatico fra i partiti per l’elezione del capo dello stato: in Italia ci sono un governo e un Parlamento funzionanti, il paese è disordinato ma non anarchico, e dunque i mercati non hanno nulla da temere. Basterà? Lo spread riparte da 350, gli analisti sono incerti e il portavoce del Quirinale ha ricordato che i saggi lavorano pro tempore e con funzione informale e ricognitiva.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.