Io vorrei, non vorrei…

Il panettone amaro di Renzi tra la palude di Letta e il Cav. volatile

Salvatore Merlo

Il loro è un ambiguo rapporto di sottintesi, allusioni, scambi fragili e diffidenti. E Matteo Renzi si sente in bilico, ama il gioco temerario, ma non riesce a stringere l'imprevedibile Silvio Berlusconi in un accordo sulla riforma elettorale, e così avverte il rischio dell'impaludamento, lo spettro della sua lettizzazione definitiva, mentre il premier e Angelino Alfano vorrebbero costringerlo a siglare entro gennaio un formale patto di legislatura sul modello della grande coalizione tedesca.

    Il loro è un ambiguo rapporto di sottintesi, allusioni, scambi fragili e diffidenti. E Matteo Renzi si sente in bilico, ama il gioco temerario, ma non riesce a stringere l’imprevedibile Silvio Berlusconi in un accordo sulla riforma elettorale, e così avverte il rischio dell’impaludamento, lo spettro della sua lettizzazione definitiva, mentre il premier e Angelino Alfano vorrebbero costringerlo a siglare entro gennaio un formale patto di legislatura sul modello della grande coalizione tedesca. Il presidente del Consiglio ostenta confidenza con il giovane segretario del Partito democratico, dà una rappresentazione ottimistica dei suoi rapporti, solidali, con l’ambizioso fiorentino, e nella conferenza stampa di fine anno, ieri, ha parlato, con necessaria vaghezza, di “gioco di squadra”, “di svolta generazionale”, ma anche di stabilità quale condizione “per crescere e ridurre le tasse”. Eppure Letta non ha avuto da Renzi un vero via libera, rassicurante e assicurato e controassicurato, malgrado il segretario ripeta di volersi ricandidare a sindaco di Firenze (aggiungendo però, neanche troppo sibillino: “Anche se potrei non completare la sindacatura…”). E così entrambi rimangono sospesi, l’uno si accorge d’avere a che fare con il più anguillesco degli interlocutori politici (il Cavaliere) e l’altro, Letta, vive l’ebbrezza del dubbio e del sospetto che “il mio amico Matteo” da un momento all’altro possa tradirlo, come gli sussurra spesso all’orecchio Pier Luigi Bersani.

    Renato Brunetta, com’è stato scritto, ha incontrato il renziano Dario Nardella, e il Cavaliere ha voluto far sapere che si trattatava di una mediazione non autorizzata. Poi si è affacciato alla trattativa il volto più consueto di Denis Verdini, schivo architetto di retrovia delle manovre di Arcore, e il Cavaliere imprevedibile ha fatto sapere che la classe dirigente della sua Forza Italia deve cambiare. Infine, domenica, il Sovrano ha pure telefonato, ancora una volta, al suo vecchio gregario Angelino Alfano, quello che Renzi definisce privatamente “l’inutile”. E insomma il segretario ragazzino, a casa del Cavaliere, per adesso, non trova nemmeno un terreno solido sul quale poggiare un principio di dialogo, e tutto gli appare ancora troppo confinato a una fase tattica, d’evanescenti propositi e volatili determinazioni. Cosa vuole il Cavaliere? Ambienti berlusconiani, giro Mediaset, suggeriscono al Foglio che “più il governo va avanti più Renzi si logora”, e dicono pure che Berlusconi sia sul serio fiducioso di avere successo nel suo ricorso alla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo, dunque forse non vuole più le elezioni politiche a maggio, assieme alle europee (anche se ripete il contrario in ogni occasione pubblica o semiprivata). Ma chissà. Il Cavaliere, come al solito, gioca tutti i giochi, e c’è chi mormora di una trattativa – quella vera con Renzi – diretta e segretissima, inarrivabile per i giornalisti. Ma qui la storia si fa persino più evanescente. Tuttavia Brunetta, infaticabile, ha già scritto il calendario della crisi: per votare il 25 maggio, assieme alle europee, la legge elettorale dovrà essere approvata alla Camera alla fine di gennaio ed entro metà febbraio al Senato. Le Camere dovrebbero essere sciolte tra il 16 marzo e la fine dello stesso mese. Il tempo è pochissimo, meno di due mesi per trovare un accordo, e in mezzo ci sono le vacanze di Natale.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.