Il Cav. recluso e la sua corte matta

Salvatore Merlo

Nelle ultime quarantotto ore il disordine di Forza Italia si è frantumato in mille piccole invenzioni casalinghe, candidature nate morte in un angolo del soggiorno di Palazzo Grazioli, minuscoli e fastidiosi “no”, incontrollabili cicalecci sui figli di Berlusconi, su Pier Silvio, su Marina, persino su Barbara… e poi ancora aspirine, mal di testa, urla e calcoli elettorali, invidie, rancori che esplodono, aria di casa in disordine e di aule giudiziarie. “Berlusconi ha la testa altrove”, mormora Renato Brunetta, che vorrebbe fare politica, scandire un’agenda economica che sollevi il partito al di sopra del pelo dell’acqua e dei litigi un po’ miserabili della piccola corte di Arcore.

    Nelle ultime quarantotto ore il disordine di Forza Italia si è frantumato in mille piccole invenzioni casalinghe, candidature nate morte in un angolo del soggiorno di Palazzo Grazioli, minuscoli e fastidiosi “no”, incontrollabili cicalecci sui figli di Berlusconi, su Pier Silvio, su Marina, persino su Barbara… e poi ancora aspirine, mal di testa, urla e calcoli elettorali, invidie, rancori che esplodono, aria di casa in disordine e di aule giudiziarie. “Berlusconi ha la testa altrove”, mormora Renato Brunetta, che vorrebbe fare politica, scandire un’agenda economica che sollevi il partito al di sopra del pelo dell’acqua e dei litigi un po’ miserabili della piccola corte di Arcore. “C’è un programma economico che si può sottoporre a Renzi”, si lamenta. Ma il Cavaliere “ha altri cazzi per la testa”, troppi pensieri, perché all’orizzonte c’è la decisione sugli arresti domiciliari, il 10 aprile, lo stesso giorno in cui andranno consegnate anche le liste elettorali per le europee. E come gli succede tutte le volte che deve compilare liste, scegliere candidati, misurare l’oscillazione del consenso, pronunciare dei “no”, ascoltare lusinghe e preghiere, Berlusconi va in apparente confusione. Vorrebbe accontentare tutti, e l’indecidibile diventa la sua dimensione più naturale. Dietro le parole del Cavaliere, nelle sue pause e nelle sue omissioni quasi dorotee, a ciascuno degli uomini di Forza Italia, in queste ore, sembra di riconoscere ciò che vuole, la piega più in sintonia con i suoi desideri. Eppure non è così. E infatti, come si fa sfuggire Mariastella Gelmini, “qua non si capisce più niente”.

    Il Cavaliere è rimasto a Roma, ritardando d’un giorno il ritorno ad Arcore, e tra i salottini e le anticamere del Castello sempre affollato di svolazzanti individui, questuanti, collaboratori e segretarie, Berlusconi è da giorni immerso in quello strano rituale che sono le riunioni di partito alla sua gommosa presenza. Ma le liste non prendono forma, come accade anche per le nomine dentro il partito, dai coordinamenti regionali fino agli organismi nazionali. “Non abbiamo nemmeno un organismo per approvare il bilancio”, confessa Sandro Bondi. E dunque fogli di carta vengono compilati a Palazzo Grazioli, poi disfatti a Piazza San Lorenzo in Lucina, reintegrati nei corridoi del Parlamento, per poi tornare a casa del Cavaliere che ancora rimaneggia, sfila e infila nomi in un caos senza regia ma con troppi mediatori. Gli uomini di Forza Italia si assordano con richiami, insulti, imbonimenti. Raffaele Fitto sibila torvo che “dovremmo candidarci tutti alle europee, contare chi prende più preferenze, mobilitarci”. Ma Giovanni Toti gli risponde a muso duro: “Col cavolo che ti facciamo questo regalo”. E Denis Verdini scuote la testa, come un cavallo punto dai tafani, “Silvio così sbagli e ti perdi i gruppi parlamentari”. Ma loro gli parlano, quando gli parlano, come uno parla alla luna, sentendola assente. E nei dirigenti del partito, tra quelli che tirano il Cavaliere da una parte e quelli che vorrebbero spingerlo dall’altra, in tutti, c’è il dramma non del dolore, ma dell’indifferenza. “Vuole premiare i traditori, vedrete”, annuncia al Foglio una voce roca, femminile, aggressiva e da sempre molto vicina a Berlusconi.

    “Senza Silvio Forza Italia traballa”, dice Francesca Pascale, la fidanzata, intervistata da Repubblica. “Spero in Marina”, aggiunge. Ed è comme un botto. Dietro ogni parola è legittimo ormai vedere il balenìo d’uno specchietto allusivo. Così, in questi giorni di contesa, nelle chiacchiere di corte rimbalzano ad arte anche i nomi di Pier Silvio Berlusconi e soprattutto di Barbara, usati contro la sorella maggiore dal pazzotico gossip della corte politica, in un gioco velenoso che il Cavaliere alimenta con le sue inerzie di sasso, l’indecisione, quel desiderio insopprimibile di accontentare tutti che lo porta fatalmente, sempre, a scontentarli tutti. “Attacchiamo l’asino dove vuole il padrone”, scherza Paolo Romani, con l’aria e il fatalismo di chi si aspetta che l’effetto della scalciata possa essere dolorosamente indimenticabile. Berlusconi sogna di superare, anche di poco, il 20 per cento alle elezioni europee, ma i sondaggi non lo confortano, e l’idea di prendere meno di quanto preventivato si fa per lui tormentosa. “Se prima forse avevo qualche ripensamento per aver abbandonato Berlusconi, adesso osservo questa gabbia di matti e non ho più incertezze”, dice Fabrizio Cicchitto, impressionato com’è rimasto dalle parole della Pascale, dalle liti e dalle gelosie, dall’allontanamento della segretaria Marinella, “dal potere di Mariarosaria Rossi”, la senatrice e assistente particolare del Cavaliere.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.