Forza Europa

“Sinite Alfanulos venire ad me”. Il Cav. tratta la pace e spaventa i suoi

Salvatore Merlo

Palazzo Madama, tarda mattina. Questa la scena sotto gli sguardi allegramente incuriositi dei senatori del Pd, da tempo spettatori assorti di quella telenovela d’amori violati che è la vita nel centrodestra litigioso e sospeso tra Silvio Berlusconi e Angelino Alfano. E dunque, ieri, tra sorrisi e ammiccamenti, colpi di gomito e colpi di tosse, Maria Rosaria Rossi, cioè l’assistente personale del Cavaliere, forse la donna più potente di Arcore, è stata vista da tutti scalare con ritmo di danza gli scranni dell’Aula fino a raggiungere quella parte dell’emiciclo occupata dai senatori di Alfano, quella zona del Senato altrimenti detta – in Forza Italia – “il Lazzaretto”.

    Palazzo Madama, tarda mattina. Questa la scena sotto gli sguardi allegramente incuriositi dei senatori del Pd, da tempo spettatori assorti di quella telenovela d’amori violati che è la vita nel centrodestra litigioso e sospeso tra Silvio Berlusconi e Angelino Alfano. E dunque, ieri, tra sorrisi e ammiccamenti, colpi di gomito e colpi di tosse, Maria Rosaria Rossi, cioè l’assistente personale del Cavaliere, forse la donna più potente di Arcore, è stata vista da tutti scalare con ritmo di danza gli scranni dell’Aula fino a raggiungere quella parte dell’emiciclo occupata dai senatori di Alfano, quella zona del Senato altrimenti detta – in Forza Italia – “il Lazzaretto”. E lì, accolta con disinvoltura un poco allarmata dagli ex compagni di partito, la morbida senatrice Rossi si è volta con scatto d’infantile e plateale allegria a baciare Andrea Augello, il gran visir di Alfano, per poi dedicarsi, più seriamente, a una circospetta e sommessa chiacchierata con Maurizio Sacconi, il capogruppo del Nuovo centrodestra. “Inutile tirarsi la clava in testa tra di noi. Gli avversari sono quelli del Pd”, sintetizza Mariastella Gelmini, l’ex ministro che forse ha ancora nelle orecchie, come molti suoi colleghi, tra i quali Paolo Romani, le parole che Fedele Confalonieri, ovvero il quasi fratello del Cavaliere, aveva consegnato al Foglio il 15 marzo: “Silvio sa perfettamente che prima o poi dovrà riprendersi Alfano”. Ebbene, secondo il gossip di Palazzo (e di Castello Grazioli) quel momento si avvicina, e potrebbe coincidere anche con le elezioni europee di fine aprile. “Se son rose, fioriranno”, mormora da alcuni giorni Fabrizio Cicchitto, che tra gli uomini di Alfano è quello che più di tutti ha mantenuto i contatti con Arcore: parla con Berlusconi al telefono. E spesso.

    Il Cavaliere punta forse a rimpinguare i risultati elettorali. Non vuole sfigurare alle europee. Mira al 20 per cento, e il partitino di Alfano può servire allo scopo, non gode infatti di cattivissimi sondaggi, anzi (3,9 per cento secondo l’amata Alessandra Ghisleri; 5 secondo Pagnoncelli; 4,6 secondo Piepoli). Ma è tutto molto complicato. E non solo perché questi timidi messaggi d’amore vengono accolti dai falchi di Forza Italia – da Raffaele Fitto, da Daniela Santanchè, da Denis Verdini, da Nicola Cosentino – con un sentimento di fredda, persino impacciata deplorazione. Ma tutto è complicato dagli stessi protagonisti della sceneggiatura, cioè dal Cavaliere e dal suo ex gregario. L’uno affronta la questione, come del resto fa con tutto il resto della sua vita spericolata, con graziosa volubilità, e dunque esplora la sua contrita (ma pervicace) coscienza in attesa del 10 aprile, fatidico giorno in cui sarà deciso il suo destino giudiziario: detenzione domiciliare o servizi sociali. Mentre l’altro, Alfano, non sembra provare nessuna soverchiante soggezione né paura per il suo vecchio padrino, e pare anzi mostrare, malgrado la situazione e la disparità di mezzi, una certa puntigliosa fermezza: vuole una federazione del centrodestra, ne vuole essere il segretario, insegue insomma l’idea – forse tattica ma anche no – di tirare la corda della trattativa. “Se devi acquistare un’azienda, prima cerchi di portare il prezzo al minimo”, consiglia Verdini al Cavaliere. E insomma: perché allearsi alle europee? Ma Berlusconi, con scivolìo agile tra una parola e l’altra, insiste. E il sospetto, diffuso, è che Alfano gli resti in realtà caro e superfluo. Ma sommamente utile a ingelosire i falchetti, i Fitto e i Cosentino, che in Puglia e Campania minacciano (o minacciavano) la nascita di piccole Forza Campania e Forza Puglia.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.