Io vorrei, non vorrei, ma Alfano…

Salvatore Merlo

Dice Anna Maria Bernini: “Insieme si vince, separati si perde”. E insomma par di sentire un rullio di tamburelli nelle notti agitate del centrodestra diviso, in Forza Italia che attende la decisione del tribunale di Milano sugli arresti del Cavaliere magico e umbratile, nel nuovo centrodestra di Angelino Alfano che propone una federazione di centrodestra, tra i Fratelli d’Italia di Ignazio La Russa e Giorgia Meloni che hanno rifiutato di tornare alla corte di Arcore. E la stessa ritorta inquietudine s’avverte persino nell’atomo scisso dell’Udc, cioè tra le quattro mura casalinghe dove Lorenzo Cesa e Pier Ferdinando Casini ormai non si rivolgono più la parola. Il vecchio segretario, Cesa, sta con Alfano, mentre Casini, leader disarcionato, avrebbe voluto regalare lo scudo crociato al Cavaliere già alle europee.

    Dice Anna Maria Bernini: “Insieme si vince, separati si perde”. E insomma par di sentire un rullio di tamburelli nelle notti agitate del centrodestra diviso, in Forza Italia che attende la decisione del tribunale di Milano sugli arresti del Cavaliere magico e umbratile, nel nuovo centrodestra di Angelino Alfano che propone una federazione di centrodestra, tra i Fratelli d’Italia di Ignazio La Russa e Giorgia Meloni che hanno rifiutato di tornare alla corte di Arcore. E la stessa ritorta inquietudine s’avverte persino nell’atomo scisso dell’Udc, cioè tra le quattro mura casalinghe dove Lorenzo Cesa e Pier Ferdinando Casini ormai non si rivolgono più la parola. Il vecchio segretario, Cesa, sta con Alfano, mentre Casini, leader disarcionato, avrebbe voluto regalare lo scudo crociato al Cavaliere già alle europee.

    “Insieme si vince, separati si perde”, dunque. Lo sanno in Forza Italia, lo sa per primo Berlusconi che ha riacciuffato Francesco Storace, lo dice Bernini ed è anche il pensiero che tormenta Alfano. “Non possiamo essere per sempre a riporto di Renzi”, mormora spesso il ministro dell’Interno. E dunque tutti si cercano, tutti si vogliono, ma ancora non si trovano. “Serve un’idea nuova rispetto al Popolo della libertà, occorre una federazione, sul modello dell’Ump francese”, propone Andrea Augello, il senatore che per Alfano è un creatore di strategie e formule politiche. “Serve un nuovo simbolo e un nuovo leader. Ma anche un nuovo meccanismo di legittimazione e un nuovo modello di organizzazione”, dice.

    E Bernini, vicecapogruppo di Forza Italia in Senato: “La situazione è paradossale. Alfano sta nel governo ed è, diciamo, ‘diversamente renziano’. Noi invece collaboriamo col Pd solo sulle riforme. E infine un’altra parte del centrodestra è completamente all’opposizione. Assurdo. Dobbiamo tornare insieme. Così non funziona. Ma ci vuole un programma comune, e mai come ora la cosa è fattibile. Basti pensare ai temi economici”. Alfano chiede una nuova leadership, ma Berlusconi è immortale, insostituibile, condannato, interdetto, mezzo arrestato eppure eterno. “Un altro Berlusconi non esiste”, dice Bernini. “E il leader dev’essere carismatico, come dimostra anche Renzi. Forza Italia, nel centrodestra, rimane il partito di maggioranza relativa. Senza di noi, e senza Berlusconi, non si va da nessuna parte. Tuttavia è presto per parlare di queste cose. Conta solo un fatto: rimanere separati è un suicidio. Per tutti. Dobbiamo trovare dei punti d’accordo. Presto”.
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    Risponde Andrea Augello: “Berlusconi è il capo assoluto, va bene. Supremo e incontestabile. Benissimo. Ma il Cavaliere dev’essere un capo monumentalizzato, non operativo. La leadership, quella vera, va decisa dal popolo con le primarie. Ove mai accadesse che Berlusconi prendesse 18 punti percentuali alle europee, sul totale di 32 punti possibili dell’intera e futuribile coalizione di centrodestra, FI rappresenterebbe sì e no il 50 per cento della possibile coalizione. E’ evidente che gli amici di Forza Italia sono nostri soci, ma soci di maggioranza relativa, non di maggioranza assoluta. E insomma non è più giustificata la pretesa di esprimere la leadership. Manca ogni base logica per contrapporsi a una nuova leadership”. E nei rapporti tra questi pulviscoli di centrodestra, in questa nebulosa, c’è dunque qualcosa di nemico e ancora di complice, negli occhi, nei gesti, che li rivelano avversari eppure alleati in un medesimo codice, legati a identiche sorti, a paralleli sortilegi. E infatti Ignazio La Russa, leader di Fratelli d’Italia, scuote la testa: “Non mi pare che Berlusconi voglia federare alcunché”, dice. “Se il Cavaliere vuole riunire il centrodestra deve dare un segnale. Il primo segnale era quello di lavorare a una legge elettorale che fosse rispettosa del meccanismo delle coalizioni. E invece stanno facendo una legge con soglie e sbarramenti. Il secondo segnale è il territorio, sono le amministrative: le coalizioni si costruiscono. Per la prima volta in Piemonte, dove c’era la necessità di riaffermare la coalizione, il centrodestra si era unito, anche con la Lega, sul nome del nostro Guido Crosetto. Ma Forza Italia si è sfilata. Difatti sono estremamente pessimista sulla ripresa di un percorso di coalizione. Berlusconi ci ha proposto di rientrare in Forza Italia, con l’anello al naso. Impossibile. Il Cavaliere non mi sembra lucido. C’è ancora una battaglia in corso lì dentro, contro Alfano. E lui, Berlusconi, ha la testa altrove”. E dev’essere vero, perché è così che il Cavaliere viene descritto anche dall’interno del Castello di Arcore.

    Pensa ai guai giudiziari. Ma non solo. Quello del Sovrano, per adesso, è un atteggiamento di fastidio, a voler significare che tutto quell’apparato di leggi e politica, quella realtà concreta e burocratica che è la vita di partito, compresa la contabilità delle chiacchiere e delle alleanze, non c’entrano niente con il suo fantastico ego imprenditoriale e proprietario. Così la riunificazione del centrodestra si presenta come un orizzonte lontano, desiderato eppure ancora imprendibile. Tuttavia ieri, alla Camera, hanno cominciato a parlarne, tra mille incomprensioni e sospetti, gli uomini del Cavaliere e quelli di Alfano, Fabrizio Cicchitto e Paolo Romani, Gaetano Quagliariello e Renato Schifani. Dalle parti di Berlusconi c’è sempre Fedele Confalonieri che dice “prima o poi Silvio si dovrà riprendere Alfano”. Mentre lui, l’ex gregario, il Delfino ripudiato, adesso lancia solo messaggi concilianti: “A Berlusconi auguro tutto il bene possibile. Il mio affetto nei suoi confronti è immutato. Non ho condiviso alcune sue scelte, ispirate da cattivi consiglieri che lo hanno indirizzato su una strada sbagliata. Ma gli sono rimasto vicino con il cuore e il sentimento”. Il tono è quello dolce di chi chiarisce gli equivoci e concilia i dissidi. Ma sotto questa superficie di zucchero si agitano i miasmi del rancore. “Troppi errori”, dicono in molti, sia tra gli uomini di Alfano sia tra quelli spaesati del Cavaliere. E chissà che alla fine non siano l’ombra del rimpianto e la visione d’una sconfitta, imminente e dolorosa, a costringerli alla pace.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.