“Meno tasse? Certo. Salvini ci dica come”

Valerio Valentini

    Roma. La domanda quasi lo indispone. “Ma certo che siamo tutti per abbassare le tasse, nel governo”, dice Stefano Buffagni. “Ma per farlo bisogna lavorare, lavorare e lavorare, non fare annunci”, insiste con lombardo pragmatismo il sottosegretario grillino, il volto governista del M5s.

    Ce l'ha con Salvini?

    “Non ce l'ho con nessuno. Dico semplicemente che a Salvini spetta non solo invocarlo, un abbassamento delle tasse da dieci miliardi, come se ci fosse qualcuno che glielo impedisce. A Salvini spetta anche presentare un piano credibile, con tanto di coperture. Il voto ha parlato chiaro: gli italiani hanno chiesto alla Lega di prendersi maggiori responsabilità nell'azione di governo, compresa l'agenda economica. Il M5s è pronto a supportare il Carroccio per abbassare le tasse”.

    Gli italiani hanno anche bocciato il M5s. Non servirebbe quel rimpasto tanto annunciato, nella vostra compagine governativa?

    “Qualsiasi cambio di marcia improntato alla valorizzazione del merito e delle competenze, per me è benedetto”.

    Toninelli, la Grillo, la Castelli. Sono tanti i nomi messi sulla graticola.

    “Tutti devono essere sempre sulla graticola, io per primo. Ma credo che il governo debba accelerare anche su altri fronti, non di competenza del M5s. Penso alla Pubblica amministrazione, e a una riforma complessiva, ancora mancante, che abbatta quel grande male del paese che è la burocrazia; penso all'Istruzione, e anche all'Agricoltura, dove si potrebbe fare di più”.

    Nel frattempo, la trattativa con la Commissione europea ripropone lo stesso dilemma dello scorso anno: dialogare con Bruxelles oppure andare dritti allo scontro?

    “Io suggerirei fermezza nelle posizioni ma toni moderati. L'abbattimento del debito è doveroso, però è necessario anche impegnarsi per avere più crescita e sviluppo sostenibile. Che sono problemi non solo italiani, ma dell'intera Europa”.

    E tuttavia la Lega predica risolutezza, Salvini pretende di andare in Europa a testa alta, ma poi in Europa lascia che ci vadano il premier Conte e il ministro Tria.

    “Così è troppo comodo. Dopodiché, è naturale che lui, dato il risultato del 26 maggio, senta maggiore pressione sulle sue spalle, ma spero la traduca in uno sforzo per affrontare i problemi, e non per cercare scappatoie”.

    “No. La sua è semplicemente una strategia mediatica estremamente aggressiva ed efficace. Ma anche lui sono certo ha a cuore il bene del paese e dunque preferisce dare continuità a questo governo”.

    A proposito di interesse del paese: la riforma della governance di Banca d'Italia è quello che ci serve?

    “Non ho preclusioni in merito, e i miglioramenti sono sempre benvenuti, ma credo sia prioritario, semmai, la riforma del Csm”.

    Proprio il Csm dimostra come legare organi di garanzia a logiche partitiche produce effetti nefasti.

    “Infatti ritengo doveroso salvaguardare Via Nazionale da degenerazioni correntizie. L'autonomia di Banca d'Italia è fondamentale, ma l'autonomia implica responsabilità. Per cui chi commette errori sulla vigilanza come quelli verificatisi sul caso delle banche venete, deve pagare. Ne va della credibilità del sistema”.

    Su Alitalia Salvini dice che non possono esserci pregiudizi nei confronti di nuovi partner. Il M5s sta ponendo un veto politico sull'ingresso di Atlantia?

    “Nessun veto. In una vicenda così delicata non possono esserci né pregiudizi ma neppure baratti. Si lavora solo per il bene dell'azienda e la soluzione non credo sia lontana”.

    E Ilva? Sulla questione delle immunità legali avete cambiato le regole in corsa, e ora ArcelorMittal si vuole sfilare.

    “Di Maio sta lavorando bene, avendo ben chiare la necessità di rilanciare lo stabilimento di Taranto in un'ottica di sviluppo sostenibile. Non c'è alcuna battaglia politica sulla pelle di 15 mila persone, ma non può esserci neppure alcun ricatto industriale”.

    Sicuro che Alessandro Di Battista sarebbe d'accordo col suo approccio moderato?

    “Si fa sempre molta speculazione sulle mosse di Alessandro. Ma non c'è alcuna strategia particolare, dietro. Io credo semplicemente che a lui manchi molto l'arena politica, ed è comprensibile. Alessandro ha un'indole battagliera, ma quando ci parlo cerco sempre di spiegargli la complessità della realtà vista con gli occhi di chi deve governare, tenendo conto di contratti in essere, trattati internazionali, relazioni istituzionali e impatti sociali delle varie scelte. Per noi, in ogni caso, lui e i suoi stimoli sono risorse sempre utili”.

    Valerio Valentini