IL RITORNO DI SIRI

Valerio Valentini

    Roma. Quando gli si chiede se è contento, di essere stato accolto di nuovo tra le braccia del capo, lui subito precisa: “Matteo non mi ha mai mandato via”. Armando Siri lo dice con una punta d'orgoglio, spiega che “non c'è stata alcuna riabilitazione, non ce n'era bisogno”. E però, in effetti, a un certo punto sembrava davvero che Salvini lo avesse scaricato, sacrificato sull'altare dell'alleanza di governo gialloverde. “Ma quando mai”, sorride lui. “Con Matteo ci siamo sentiti quasi tutti i giorni, mi è sempre stato vicino”. E forse è anche per questo che già a poche ore dalla chiusura delle urne, quando il trionfo del Carroccio era ormai evidente, lunedì Salvini ha citato proprio lui tra i tecnici della Lega incaricati di portare avanti il dossier sulla flat tax. “E infatti oggi”, cioè ieri, “ci siamo visti coi responsabili economici del partito al Viminale, per fare il punto sul provvedimento. Un'idea che io porto avanti da anni, e che spero diventi presto realtà”.

    Rivendica insomma la paternità della riforma, Siri, come a ribadire che è normale che ora ci sia anche lui, a seguire il dossier della flat tax. “Lo faccio tutti i giorni in commissione Finanze a Palazzo Madama, visto che resto comunque senatore”.

    E non spera di essere riammesso al Mit, vedendosi riassegnata quella carica di sottosegretario che le è stata tolta?

    “Non ci penso, al momento. Ora la mia priorità è lavorare alla riforma fiscale che finalmente abbassi le tassi agli italiani”.

    I dettagli?

    “Puntare subito a una aliquota unica al 15 per cento per i i redditi familiari sotto i 50 mila euro. E, progressivamente, arrivare poi al 15 per cento anche sui redditi d'impresa”.

    Le coperture?

    “Ci stiamo lavorando”.

    Salvini parla di 30 miliardi da trovare subito, senza contare che tra clausole di salvaguardia e mancata crescita dovreste trovarne almeno altrettanti.

    “Gli italiani si aspettano da noi che rispettiamo le promesse. Ora c'è bisogno di concretezza. Vedrete che ce la faremo”.

    Sicuro che il M5s, quello stesso M5s che ha preteso le sue dimissioni, sia disposto a votarla?

    “Dal M5s mi aspetto il rispetto del programma indicato nel contratto di governo, dove la flat tax è presente”.

    Se fosse contato davvero il contratto, non ci sarebbero state le sue dimissioni.

    “E' stata una scelta politica, io ho rispettato le indicazioni che mi sono arrivate da Salvini”.

    Il quale però dice che nei suoi riguardi c'è stato un “linciaggio”.

    “Non spetta a me giudicare”.

    Le sarà costato.

    “Sono stati giorni certamente dolorosi. Ma ora sono felice. Non solo a livello personale, ma per il risultato della Lega”.

    Il M5s ha incentrato la sua campagna elettorale intorno alla crociata contro di lei. Non ha pagato.

    “Evidentemente gli italiani si sono concentrati su questioni più serie, si sono interrogati sui loro bisogni e sulle soluzioni che i vari partiti proponevano”.

    E tuttavia Salvini alla fine ha ceduto alle loro richieste. Col rischio di creare un precedente pericoloso.

    “Ma no, non direi”.

    Tra due giorni ci sarà la sentenza su Edoardo Rixi, suo collega della Lega e viceministro ai Trasporti. Se dovesse arrivare arrivare una condanna...

    “... ma perché lo date tutti per scontato? Io aspetterei che la sentenza venga pronunciata, prima di chiederci cosa fare”.

    Ebbene, laddove dovesse venire condannato, non teme che scatterebbe un automatismo: come è stato per Siri, a maggior ragione sarà per Rixi, tanto più che in questo secondo caso si tratterebbe di una sentenza di primo grado, e di un avviso di garanzia.

    “No, nessun automatismo tra me ed Edoardo. Sono due casi diversi, e se ne dovrà discutere. Ma non voglio parlare di una cosa che, al momento, ancora non esiste”.

    E invece sulla questione del mutuo nella banca di San Marino, che tanti sospetti ha destato, vuole chiarire?

    “Non c'è nulla da chiarire. E' tutto regolare”.

    E' pronto a dimostrarlo?

    “Ma non devo dimostrare niente, io. Semmai è chi ritiene che ci siano delle irregolarità a doverlo dimostrare. Non invertiamo l'onere della prova”.

    Questo garantismo, sacrosanto, non è valso però nel suo caso. Non è stato un errore, da parte di Salvini, cedere al giustizialismo grillino?

    “Io credo che ci sia bisogno di grande equilibrio, quando si affronta il tema del rapporto tra politica e magistratura. Tutto qui”.

    E dell'inchiesta che la vede coinvolta...

    “... di quella avevamo detto di non parlare, per correttezza e per rispetto del lavoro dei magistrati”.

    Valerio Valentini