Rapporto sulla popolazione
a cura di Salvatore Strozza, Alessandra De Rose
Il Mulino, 180 pp., 15 euro
L’onda lunga della crisi iniziata in America nel 2007 non ha mancato di influenzare l’atteggiamento dei media, pure italiani, costretti ad approfondire in maniera sempre più sistematica – seppure spesso non senza errori – lo scenario economico. A questa evoluzione del dibattito pubblico non ha fatto seguito purtroppo uno sforzo parallelo nella comprensione e nella divulgazione delle dinamiche demografiche che, in parte, a questa lunga crisi economica sono collegate. Questo agile volumetto promosso dall’Associazione italiana per gli studi della popolazione costituisce un buon punto di partenza per recuperare il tempo e il confronto perduti. Dati consolidati e comparati in prospettiva diacronica ci consentono di dominare meglio il frastuono delle statistiche sfornate quotidianamente. Così si scopre, a proposito di crisi, che tra il 2008 e il 2013 sono stati perduti quasi un milione di posti di lavoro in Italia, pari al 4,2 per cento degli occupati, con “un decremento percentuale quasi doppio rispetto a quello registrato nell’insieme dei 28 paesi dell’Unione europea”. O ancora: il tasso di occupazione è sceso dal 58,7 per cento al 55,6 per cento, con una riduzione di oltre 3 punti percentuali “che ha prodotto un ampliamento ulteriore dello svantaggio rispetto all’insieme dei paesi dell’Ue (da 7 si è passati a 8,5 punti percentuali in meno)”.
L’approccio privilegiato dagli autori esagera forse i nessi di causalità di matrice economica, eppure dati interessanti sono pure quelli raccolti sull’evoluzione della famiglia. Nell’ultimo quadriennio, il numero di matrimoni è crollato da 247 mila nel 2008 a 207 mila nel 2012. La proporzione di unioni a doppio reddito da lavoro sul totale delle giovani coppie si è ridotta nel 2012 di circa 10 punti percentuali (erano il 73,1 per cento delle coppie non coniugate e il 51,5 delle coniugate nel 2007). La ripresa della fecondità, infine, “sembra essersi arrestata. Il numero medio di figli per donna, pari a 1,42 nel 2008, è sceso a 1,39 nel 2013, quando all’anagrafe sono stati iscritti per nascita poco più di 514 mila bambini, 62 mila in meno rispetto al 2008”. Una messe di dati decisamente “parlanti” e che sarebbe bene informassero le discussioni pubbliche, oltre che le decisioni dei policy maker. E’ il caso, per esempio, del fenomeno migratorio oggi alla ribalta mediatica: se la popolazione straniera in Italia è passata da 500 mila persone all’inizio degli anni 90 ai circa 6 milioni di oggi (stimando pure i clandestini), è ancora legittimo parlare di “emergenza immigrazione”? Non è forse questo un fenomeno oramai strutturale con cui fare i conti? La risposta è nei dati.