IL CLAN

Mariarosa Mancuso

Una famiglia numerosa a San Isidro, unita e timorata di Dio. Un capofamiglia che spazza le foglie sul marciapiede davanti al negozio di articoli sportivi e non perde occasione per invitare i figli a comportarsi bene. Un figlio che gioca nella nazionale argentina di rugby. Una mamma che porta in tavola cibo cucinato con amore. Nessuno alza la voce, nessuno litiga. Sembra scritta per loro la frase di André Gide: “Famiglie! Vi odio! Focolari chiusi; porte serrate; geloso possesso della felicità” (si cita di solito la prima metà, dimenticando che era rimasto orfano da piccolo). I cinici penseranno che sotto la lustra superficie cova qualcosa di inconfessabile. I contorni dell’inconfessabilità sfuggiranno anche a loro, se già non conoscono la storia della famiglia argentina Puccio e della sua redditizia attività. Diamo solo un paio di dettagli – comunque il film di Pablo Trapero non si basa sulla sorpresa, vediamo padre e figlio all’opera nella prima scena. Mamma prepara sempre una porzione in più, da portare all’ostaggio prigioniero del seminterrato. Capita che l’ostaggio medesimo si lamenti, e allora i figli e le figlie Puccio sono invitati a non farci caso, e a finire educatamente quel che hanno nel piatto. Arquìmedes Puccio – che continuava a fare per suo tornaconto quel che aveva imparato a fare sotto la dittatura di Videla – fu arrestato nell’agosto del 1985. L’anno scorso il film di Pablo Trapero ha battuto in Argentina tutti i record d’incasso, portando al cinema un milione di spettatori in quattro giorni (da noi arriva un anno dopo aver vinto il Leone d’argento alla Mostra di Venezia 2015). Tecnicamente, è un “true-crime” – genere che partendo dal romanzo sta conquistando oltre al cinema le serie tv. Stravince – e qui agghiaccia – l’intreccio tra la cronaca nera e un regista bravo a raccontare. Magari con l’aiuto di intelligenti sceneggiatori, non basta snocciolare come è andata, la tensione drammatica va costruita. Aiutano due strepitosi attori: Peter Lanzani nella parte del figlio capellone, e Guillermo Francella nella parte del genitore. Altro choc: gli spettatori argentini erano abituati a vedergli fare il comico in tv.

 

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