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Proposta per cancellare le correnti del Pd. Firmato Madia e Quartapelle

Marianna Madia e Lia Quartapelle

Nella loro accezione sana servono a far circolare le idee, ma nel Partito democratico sono servite solo a costruire carriere personale. Ecco come superarle

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Il 25 settembre l’Italia non si è spostata a destra. La destra ha ottenuto 12 milioni di voti, esattamente gli stessi del 2018. Ci sono circa 13 milioni di elettori che hanno scelto l’altra parte del campo ma a loro non abbiamo saputo offrire una proposta politica competitiva. E poi ci sono 18 milioni di elettori che a votare non ci sono proprio andati anche perché siamo stati incapaci di rappresentare una speranza per chi è talmente disilluso. La sconfitta del 25 settembre è figlia di molti errori e di molti padri ma è frutto della paralisi culturale e politica del Partito Democratico, testimoniata dalla progressiva emorragia di voti e di iscritti dal 2008 a oggi.

L’avvizzimento e ossificazione del nostro partito sono dovuti, in radice, alla struttura correntizia del Pd che ne oscura l’identità e ne cristallizza le divisioni. Le vecchie correnti non animano un confronto di idee e di programmi ma, tese come sono al posizionamento interno e agli accordi di potere, da troppo tempo bloccano l’elaborazione di proposte innovative, la capacità espansiva e la possibilità stessa di far emergere e offrire agli iscritti e agli elettori leadership unitarie, innovative, autorevoli. Le convulsioni di questi anni animate da lotte personali e politiche non risolte e da armistizi di potere tra le correnti hanno minato prima l’unità e poi l’integrità del Pd con tre successive scissioni. La circostanza che le prime due scissioni siano state capeggiate da due ex segretari e la terza da un ex ministro segnala la fragilità del tessuto unitario.

 

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Le correnti, nella loro accezione sana, fanno circolare e mettono a confronto le idee e in questo modo sono nutrimento e lievito di un partito vivo. Una corrente interna è una particolare declinazione del vissuto comune del partito, è fatta di iscritti che condividono specifiche sensibilità e orientamenti organizzandosi nei momenti congressuali per prevalere nella definizione della linea politica generale. Confronti di potere e per il potere certo, ma fondati su idee.

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Nel Pd, invece, le correnti si sono ridotte a filiere che hanno come obiettivo la gestione del partito e quindi delle carriere personali. Filiere che, di fatto, tra loro hanno sottoscritto un sostanziale patto di sindacato: le decisioni rilevanti si assumono tra capi corrente possibilmente sulla base della massima convenienza reciproca, salvo saltuari “sgarbi” verso qualche “eretico”. I luoghi decisionali statutari sono diventati un pro forma rituale perché il patto di sindacato prevale su tutto: sulle idee, sul merito e persino sull’opportunità politica generale. Persino l’elezione del Segretario è divenuta solo l’occasione per rinnovare il patto di sindacato tra le correnti e il mandato del nuovo eletto è di garantire l’equilibrio tra di esse.  Per garantire il sistema delle correnti, non si sono mai aperti veri spazi di discussione e partecipazione degli iscritti. In Germania gli iscritti alla SPD possono votare pro o contro la scelta di partecipare alla coalizione. Nel Labour, gli iscritti possono, attraverso un sistema codificato, presentare mozioni di indirizzo politico all’interno della Conferenza annuale. Nel PD invece c’è sempre un caminetto, un coordinamento politico che decide una linea, poi portata dal segretario alla ratifica in direzione. Il nostro statuto diceva e dice ben altro prevedendo i Forum tematici, la Conferenza annuale, i referendum tra gli iscritti, l’Albo degli elettori.

 

O cambiamo il sistema di queste correnti o rischiamo che il declino diventi dissolvimento. Affrontare questo tema come prioritario non è guardarsi l’ombelico, è la premessa indispensabile perché il Pd torni a essere un partito con una visione dell’Italia, dell’Europa e del mondo, attrezzato a organizzare e guidare l’opposizione al governo Meloni e a tornare a vincere. Fuori da noi c’è un mondo tumultuoso e complesso che ha bisogno di idee nuove e nuove energie non di eterni compromessi tra correnti per assicurare ruoli e carriere. Noi siamo nati come il partito del “patto tra i produttori” di cui parlò al Lingotto Walter Veltroni, noi dobbiamo essere il partito dell’impresa e del lavoro, della crescita economica e dell’istruzione, il partito che lotta la povertà e riduce le disuguaglianze, che premia il merito e emancipa il bisogno.

Per questa ragione ci auguriamo che attorno a questa richiesta cresca un consenso largo di tutti gli iscritti, amministratori e eletti che non si riconoscono nelle attuali correnti e che vogliono un Pd diverso. Noi iniziamo sin da subito col chiedere tre cose: 1. una commissione di garanzia per il congresso nominata non con criteri correntizi ma attingendo alla disponibilità di personalità di alto profilo; 2. Un sistema di elezione dell’assemblea nazionale che superi le liste bloccate; 3. una commissione programmatica che individui le tematiche chiave attorno cui costruire il percorso congressuale per far si che sia un vero confronto su ciò che serve al Paese e non una conta correntizia.

 

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Marianna Madia, parlamentare del Pd
Lia Quartapelle, parlamentare del Pd

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