cattivi scienziati
Sperimentale e senza dati: la medicina sui social inganna
Oggi il Covid-19, ieri la malaria con il fallimento della terapia antiscientifica a base di mercurio
Vi sono medici, dentisti, terapeuti alternativi e laureati in medicina vari che rivendicano il diritto, anzi il dovere, di somministrare farmaci contro patogeni pericolosi, osservando e monitorando da vicino i pazienti, per poi stabilire caso per caso se a proprio giudizio (e di quello del paziente trattato) una terapia funziona. Anche a costo di produrre ricette senza nemmeno aver visto un paziente, e soprattutto anche a costo di utilizzare rimedi per cui non esiste evidenza di benefici, ma vi è certezza di rischi, costoro spiegano alle persone, in genere sui social, che è il medico l’autorità prima in fatto di tentativi terapeutici, trascurando il fatto che il giuramento di Ippocrate cui dicono di ispirarsi pone l’operato del medico non solo sotto la vigilanza della propria coscienza, ma anche sotto il vaglio della scienza.
Si tratta di una tendenza che esiste da tempo, e che solo recentemente e solo a fatica è stata controbilanciata dalla crescente applicazione della cosiddetta “medicina basata sulle evidenze”, vale a dire dall’introduzione del metodo scientifico e della statistica per informare l’azione del terapeuta.
I danni che l’allontanarsi da questo metodo produce sono ben illustrati da quanto è avvenuto in passato, e che si spera di non dover rivedere.
Consideriamo per esempio la malaria. Metà degli abitanti del mondo vive in zone dove la malaria è endemica. Secondo gli ultimi dati disponibili, riferiti al 2019, la malaria ha infettato 229 milioni di persone in un anno, provocando circa 409.000 morti. Il 94 per cento dei casi e delle morti è di pertinenza dell’Africa, e soprattutto dei bambini della zona sub-sahariana; in queste regioni, le infezioni hanno un ciclo annuale, corrispondente al ciclo dei vettori, con un massimo molto pronunciato in alcuni mesi dell’anno. Dal 2016 non si fanno più progressi in campo sanitario: le infezioni annue sono stazionarie o aumentano e i farmaci inducono sempre più resistenza nel parassita responsabile della malattia, il plasmodio (ben noto è il caso dell’idrossiclorochina, che ha selezionato ceppi resistenti nella maggior parte dei luoghi ove è stata usata).
La malattia fino a un secolo fa era endemica anche in Italia, e causava annualmente un numero spropositato di ammalati e di morti; non per nulla, il neonato regime fascista fece della lotta antimalarica e delle bonifiche uno dei principali punti di propaganda e di azione dimostrativa. Siccome il farmaco più efficace, ovvero il chinino, era al tempo monopolio dell’Olanda, e le odiate multinazionali di Big Pharma evidentemente già allora erano uno dei bersagli prediletti della narrativa populista, la dittatura sanitaria – quella vera, non quella ridicola di chi si oppone ai vaccini oggi – decise di intraprendere una strada ardita, come si addiceva alla fascistissima antiscienza di allora. Nel 1925, due cialtroni provvisti di titoli accademici, Giacomo Peroni e Onofrio Cirillo, furono autorizzati da Mussolini a provare direttamente un trattamento di medicina alternativa, vale a dire la somministrazione di mercurio per combattere la malaria. Pazienza che dati non ve n’erano, e indicazioni contrarie circa la pericolosità della cosa invece abbondavano; l’importante era combattere le bieche multinazionali estere, e sviluppare una terapia autarchica. Così i due scelsero un gruppo di circa duemila persone impegnate nelle bonifiche in Toscana e in Puglia, li divisero in due gruppi e ne trattarono uno con iniezioni intramuscolo di mercurio, mentre il secondo gruppo fu mandato senza chinino a lavorare, per avere un controllo appropriato.
Nel 1925, due cialtroni con titoli accademici furono autorizzati da Mussolini a provare un trattamento di medicina alternativa. Oggi ci sono persone che pretendono di aver ottenuto risultati, ma non mostrano numeri precisi o elementi sottoponibili a verifica
Le conseguenze si possono immaginare; eppure, Peroni sostenne l’efficacia della “cura”, addirittura proponendo di “mercurizzare” l’intero esercito italiano. Fu allora che la “medicina ufficiale”, l’odiata “scienza main stream” intervenne, nelle forme dell’Istituto superiore di Sanità, che dimostrò come i soggetti trattati con mercurio si fossero ovviamente tutti ammalati, e il trattamento stesso non avesse affatto prevenuto la malaria.
Oggi non c’è più bisogno di forzare le persone; le si adesca su Internet, e si producono ricette stracolme di farmaci, integratori e vitamine (proprio di quella Big Pharma che si dice di voler combattere), perché si deve dimostrare che una “cura” che ha già salvato “migliaia di pazienti” esiste, ed è stata scoperta dal genio di turno, che invece di perder tempo a pubblicare si occupa davvero dei pazienti. È un mito seducente, quanto quello proposto al Duce che provocò i migliaia di intossicati da mercurio; la sua presa si fonda sull’ignoranza delle ragioni della sperimentazione formale, la quale sarebbe un inutile orpello burocratico o un modo per fare carriera in accademia, invece che una tutela primaria per le persone e l’unico metro per stabilire se una terapia funziona.
La cosa incredibile è che alcuni progressi per la terapia domiciliare contro il Covid-19 sono documentati, per esempio dai lavori del gruppo del prof. Remuzzi; ma mentre l’Istituto Mario Negri conduce clinical trial, altri, magari usando proprio il nome di Remuzzi, si riempiono la testa di idee sbagliate e la bocca di parole, e cadono poi vittima di chi organizza movimenti sui social e comincia a fornire ricette pericolose di combinazioni senza effetti dimostrati, eccetto quelli potenzialmente tossici.
Per il Covid-19, come per la malaria, la ricerca procede, avendo prodotto sia nel primo che nel secondo caso vaccini promettenti (per la malaria ancora in sperimentazione) e terapie farmacologiche utili, anche se trovano limiti di applicabilità ed efficacia (nel caso del Covid-19) e di resistenza del patogeno (nel caso della malaria); nulla però è stato trovato sui social, con delle chat di Whatsapp o da persone che pretendono di aver ottenuto risultati, ma non mostrano numeri precisi o elementi che siano sottoponibili a verifica (perché le storie dei pazienti non lo sono).
E allora: se non volete fare da cavia, se credete che il vaccino sia sperimentale, se pensate che tutto sia fatto per far guadagnare Big Pharma, perché vi sottoponete come cavie volenterose a trattamenti sperimentali senza dati, spesso inventati su Internet da chi carpisce la vostra fiducia, trattamenti che oltretutto remunerano Big Pharma molto di più di quello che la scienza suggerisce, fondandosi sulla somministrazione di vagonate di farmaci e molecole diverse e ben più care di un vaccino o dei trattamenti ben calibrati descritti dall’Istituto Mario Negri, privi di tutta la paccottiglia farmaceutica che vi aggiungono i vostri guru?