Elvira Banotti
Prima di tutto era bellissima, esotica. Elvira Banotti era etiope di origine e di tratto pertinente, pelle e sguardo severo, africano, compresi. Poi era intelligente in modo addirittura forsennato e di gran carattere: le femministe radicali nonostante tutto titillano il maschio, anche quando lo incalzano, lei lo squartava. Con l’accusa, ripetuta scandalosamente nella televisione spazzatura d’antan, in mille opuscoli, in assemblee pubbliche e su questo giornale, che il maschio non regge: non sa fare l’amore, non sa dare gioia corporale e godimento intenso alla sua donna, anzi alla donna che non è sua, e proprio perché sua non è. Era anche ironica, nel suo sarcasmo di fondo: chiamava i boss maschili dell’informazione “vecchi patriarchi”. Un blog dedicato alla sua figura di fondatrice del gruppo Rivolta femminile la definisce paradossale, solitaria, audace, profetica e polemica, e conclude a sorpresa – vero – che spaventava tutti, anche le donne.
Prima di tutto era bellissima, esotica. Elvira Banotti era etiope di origine e di tratto pertinente, pelle e sguardo severo, africano, compresi. Poi era intelligente in modo addirittura forsennato e di gran carattere: le femministe radicali nonostante tutto titillano il maschio, anche quando lo incalzano, lei lo squartava. Con l’accusa, ripetuta scandalosamente nella televisione spazzatura d’antan, in mille opuscoli, in assemblee pubbliche e su questo giornale, che il maschio non regge: non sa fare l’amore, non sa dare gioia corporale e godimento intenso alla sua donna, anzi alla donna che non è sua, e proprio perché sua non è. Era anche ironica, nel suo sarcasmo di fondo: chiamava i boss maschili dell’informazione “vecchi patriarchi”. Un blog dedicato alla sua figura di fondatrice del gruppo Rivolta femminile la definisce paradossale, solitaria, audace, profetica e polemica, e conclude a sorpresa – vero – che spaventava tutti, anche le donne.
Ha fatto tendenza e controtendenza. E’ stata dura con lo ius soli, da esperta di demografia e migrazioni di popoli. Durissima contro il totalitarismo gay e le ossessioni lubriche di Ilda Boccassini. Capiva come poche e pochi i segreti dell’orgasmo, e rifiutava di consegnarne l’immagine, la memoria, la consistenza a una logica miserabile di procura. Era una vera progressista. E’ arrivata a una curiosa e molto paradossale rivalutazione, dal suo punto di vista, della galanteria folle e mite di Silvio Berlusconi, animale felice e non predatorio. Era trasversale nel senso più integro e puro del termine: odiava le combriccole, la sua combriccola era quella delle anticombriccole. Il Foglio ha pubblicato con divertimento e con un certo orgoglio intellettuale centinaia di pagine della Banotti, il suo punto di vista era sempre imprevedibile, ma si poteva intuire infallibilmente che sarebbe stata lontana dalla banalità, dal correttismo maschile e femminile che ha ridotto le grandi questioni di antropologia, di eros e di famiglia a un miscuglio impalatabile di sciocchezze a buon mercato.
Siccome se ne strafotteva, fu bellamente ridimensionata nei circuiti dell’informazione che conta, nel dibattito che conta, quello che in realtà non conta nulla e perciò si accende e fa talk show permanente. Probabilmente aveva come tutti dei difetti, ma ebbe cura di non manifestarne alcuno. Era una femminista perfetta, incurante e premurosa verso quel mondo “un po’ più felice” al quale diceva di aspirare con formula eufemistica. Quel che si dice una “bella persona”, ma lei avrebbe solo voluto essere ricordata – aveva anche una punta di vanità, ci teneva alla selezione delle sue fotografie da pubblicare – come una bella donna. Lo era.
Il Foglio sportivo - in corpore sano