L'illegalità della merendina e quelli “che studiano”. Storia
Una bella storia di come il paese delle regole e dell’invidia verso i portatori sani di ottimismo imprenditoriale
Una bella storia di come il paese delle regole e dell’invidia verso i portatori sani di ottimismo imprenditoriale – o forse è una diagnosi del perché i giovani hanno votato No? – ci viene dalla ridente Moncalieri, cintura ex industriale di Torino. C’era un ragazzo dell’Itis Pininfarina che si era inventato un suo commercio per così dire tax free a scuola, vendeva sotto banco (o sopra) panini e merendine ai compagni. Beccato, o denunciato, era stato sospeso, con tuoni del preside contro il comportamento “disdicevole”. Acqua passata. Ma ieri cinquecento studenti della scuola hanno manifestato con striscioni: “Solo in Italia si premia l’illegalità e la furberia”. Il fatto è che al businessman della merendina è stata assegnata addirittura una borsa di studio dalla Fondazione Einaudi (liberali, si dirà) per premiare “lo spirito di iniziativa”. Niente da fare. Per i compagni, è un errore e un insulto: “Non ci pare giusto che venga premiata un’attività illegale e non invece il merito di chi studia tutto l’anno duramente”, hanno detto.
Si potrebbe accettare l’argomento dell’attività “illegale”. Ma sembra molto peggio che una presunta “cultura della legalità” (l’associazione Libera s’è schierata coi protestatari legalitari) giunga a sanzionare la micro-iniziativa economica, nascondendosi dietro il risibile schermo del duro studio. (Come dire che il compagno imprenditore invece è un fancazzista, in quanto imprenditore). Ma l’importante è studiare, a Torino. Piccoli Zagrebelsky crescono.
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