Né con la tassa sui robot né con il sussidio di cittadinanza
In Italia semmai abbiamo il problema opposto: accertare che le imprese non bluffino con innovazioni fake per avere incentivi
Roma. La proposta della tassa sui robot è stata lanciata, da ultimo, dal fondatore di Microsoft Bill Gates: se i compiti di un uomo che riceve 50 mila dollari all’anno lavorando in fabbrica sono svolti allo stesso modo da un robot, il robot va tassato almeno tanto quanto. In Italia viene da pensare che sarebbero gli unici a compilare rapidamente e senza errori il 730 più complesso del mondo. Vi sono diversi pareri, da ottimisti a catastrofisti. Secondo uno studio della società di consulenza McKinsey, le attuali risorse tecnologiche il 45 per cento degli impieghi ora svolti dalle persone potrebbe essere automatizzato e circa il 60 per cento delle attività produttive potrebbe essere automatizzato almeno per il 30 per cento. Il 13 gennaio scorso il Parlamento europeo ha approvato la relazione della commissione giuridica, guidata dalla deputata socialista Mady Delvaux, per disciplinare la robotica bocciando l’idea di introdurre un reddito di cittadinanza garantito alle persone che perderanno il lavoro perché “sostituiti” dalle macchine.
L’Europa ha votato contro ma lo spunto di Delvaux torna nella campagna elettorale in Francia. Benoît Hamon ha vinto le primarie del Partito socialista imponendo all’attenzione proprio la questione del lavoro “rubato” dall’intelligenza artificiale. Hamon chiede di porre rimedio, iniziando ad aumentare i sussidi per chi ha stipendi bassi o non riesce a trovare un’occupazione. Poi, gradualmente, sostiene Hamon, si dovrebbe arrivare al reddito di cittadinanza. L’idea, che si sta affermando, di fabbriche come scatole vuote con molta produzione e pochi lavoratori è molto forzata. È inevitabile un futuro con il 10 per cento che lavorerà e il restante che vivrà di sussidio come ci spiegano i californiani e gli webeti italiani che li leggono? Un’idea che non sta in piedi né sotto il versante della sostenibilità economica né dal punto di vista sociale e etico. Paradossalmente, anche il Pc e il software di Microsft hanno distrutto milioni di posti di lavoro, e se fossero stati tassati sicuramente Bill sarebbe stato meno ricco. Cosa c’è di nuovo? Le stime del World economic forum che ci dicono che da quest’anno il costo orario di un robot e di un operaio si eguagliano e nei prossimi anni i primi saranno sempre meno cari. Industry 4.0 non è la semplice robotizzazione, che in Italia è arrivata già negli anni ’80, sulla Fiat Uno con i robot di Comau.
Il Piano Calenda, come in altri paesi, propone sconti fiscali per chi apre cantieri veri verso Industry 4.0. Nel nostro paese bisognerà verificare che siano appunto, veri. Troppe imprese sono rimaste alla seconda rivoluzione industriale e proveranno a mascherare finte evoluzioni con qualche lettore ottico e pochi sensori, pur di ricevere gli incentivi. La tassa sui robot graverebbe in modo inversamente proporzionale alla dimensione di impresa, in Italia già troppo piccola. La tassa non rallenterebbe la transizione, la precluderebbe definitivamente ai paesi che dovessero immaginarla come un percorso verso una maggiore sostenibilità. Il nostro è un paese che già di per sé si occupa solo del paracadute senza aver ancora imparato a volare. Siamo il paese che ha il più elevato gap di competenze rispetto agli skill del futuro. Ci occupiamo rapidamente di colmarlo, come abbiamo fatto nei metalmeccanici introducendo nel Contratto il diritto soggettivo alla formazione, o prima ancora di aver giocato la sfida ci occupiamo di sussidiare gli effetti collaterali? Continuo a pensare che tra liberarsi dal lavoro e liberarsi nel lavoro, la seconda non sia virtuosa ma l’unica strada sostenibile.
La strada di detassare seriamente il lavoro umano è quella che orienta maggiormente alla sostenibilità questa evoluzione. Fermare il progresso non è di sinistra, è velleitario, è fermare l’acqua con le mani e serve ad assicurare una maggiore quantità di lavoratori all’esclusione sociale. C’è uno spazio di lavoro e di nuovo lavoro che le persone possono e potranno riempire con la loro energia insostituibile. Bisogna giocarsi la partita e mettere in minoranza le suocere, profetesse di sventura contro il progresso tra politici, sindacalisti e giornalisti.
Marco Bentivogli è segretario generale della Fim-Cisl