Nel nuovo Ancien régime è vietato criticare l'islam. Condannato Zemmour
L'intellettuale alla trasmissione “C à vous”, aveva detto che "l'islam moderato non esiste"
Roma. La polemica era partita con il suo intervento nel settembre di un anno fa alla trasmissione “C à vous” di Anne-Sophie Lapix. Eric Zemmour viene subito citato in giudizio presso la sezione diciassette del Tribunale di Parigi. Deve rispondere del reato di “incitamento alla discriminazione e all’odio contro le persone di fede musulmana”. A fargli causa l’associazione EuroPalestine, che aveva accusato Zemmour di “generalizzare” su islam e terrorismo. A mettere nei guai il giornalista e scrittore francese alcune frasi, come quella sui musulmani che “devono scegliere tra l’islam e la Francia”, che “il jihad è un dovere religioso”, che “i musulmani considerano i jihadisti come buoni musulmani” e che “l’islam moderato non esiste”. Tesi sindacabili in una democrazia pluralista europea a libera circolazione delle idee, oltre che delle merci e delle persone. Ma diventate ormai insindacabili e indiscutibili nella doxa mediatico-giudiziaria che sta prendendo piede in Francia. Così, Zemmour è stato condannato per incitamento all’odio e a una multa di cinquemila euro. Ben ottomila spettatori della trasmissione si era sentiti offesi e avevano protestato presso il Consiglio di stato per gli audiovisivi.
Non è la prima condanna che Zemmour subisce per le sue idee sulla Francia e l’islam. Nel 2014, in un’intervista al Corriere della Sera, Zemmour aveva detto che “i musulmani hanno un loro codice civile, è il Corano. Vivono tra di loro, nelle periferie. I francesi sono stati costretti ad andarsene”. Nel 2007 fu Charlie Hebdo a finire alla sbarra. I giornalisti francesi furono assolti, ma ci pensarono i jihadisti a farli tacere per sempre (in tre anni, non una sola vignetta su Maometto e l’islam è stata pubblicata dal settimanale satirico). Nel 2013, la rivista Valeurs Actuelles venne condannata per “discriminazione” verso i musulmani per aver pubblicato in copertina la Marianna velata (duemila euro di multa). L’anno dopo è la volta di Renaud Camus, condannato a pagare cinquemila euro per “istigazione all’odio” per la sua teoria della “Grande Sostituzione”. Zemmour, che i ministri socialisti hanno sconsigliato di leggere e il Movimento contro il razzismo e per l’amicizia tra i popoli e il Club Averroes (associazione di professionisti dei media per promuovere la diversità) hanno denunciato all’Authority francese per radio e tv, è stato trascinato una decina di volte in tribunale. Un anno fa, gli era andata bene quando in una intervista di copertina col mensile Causeur si era rifiutato di qualificare i terroristi dell’Isis come “menti deboli”, prima di lasciarsi andare: “Io rispetto le persone disposte a morire per ciò in cui credono”. Zemmour era poi finito in aula per aver detto che “le grandi invasioni dopo la caduta di Roma sono sostituite da bande di ceceni, zingari, kosovari, africani”. Quando nel 2011 Zemmour fu trascinato per la prima volta in tribunale dalle organizzazioni antirazziste e islamiche, trenta deputati dell’Ump avevano costituito il “Collettivo per la libertà di espressione” denunciando il processo come degno dell’“Ancien régime”. “Con la scusa del razzismo, un giornalista è costretto al silenzio per esprimere un parere”, avevano detto i 28 firmatari, che avevano parlato di “azione legale che imbavaglia la libertà di espressione da parte dei tiranni della dottrina dell’antirazzismo. Viene sepolto Voltaire”. Zemmour è soltanto il più noto dei giornalisti e intellettuali francesi portati in tribunale per rispondere del nuovo reato intellettuale: “Discours de haine”. C’è una lista impressionante di nomi, da Georges Bensoussan a Pascal Bruckner. E’ lì, nel paese dove il dibattito sull’islam e l’integrazione fermenta di più, che si concentra il fuoco dei taglialingue. Se tace la Francia, sarà “risolto” anche nel resto d’Europa il dibattito sull’islam.