"sono esaurito"
La maledizione dei ministri della Sanità dell'Ue
Il primo caso di responsabile della sanità pubblica costretto a lasciare il posto per la crisi del Covid-19 era stato nei Paesi Bassi. Il 19 marzo del 2020
Dimissioni e svenimenti. Dall'Austria alla Repubblica ceca, dalla Romania alla Slovacchia, fino alla Danimarca e passando per le difficoltà di Jens Spahn in Germania, la parabola faticosissima dei rappresentanti della Sanità europea
Tanja Erichsen, il capo dell’agenzia del farmaco della Danimarca, mercoledì è svenuta in conferenza stampa mentre annunciava la decisione del suo paese di abbandonare definitivamente il vaccino di AstraZeneca per i rari eventi tromboembolici registrati da quando è iniziata la somministrazione. Le immagini drammatiche della sua caduta – Erichsen è stata subito soccorsa dal capo dell’Istituto superiore della sanità, Soren Brostrom, e portata in ospedale, dove si è ripresa – hanno fatto il giro del mondo. Per certi aspetti potrebbero essere considerate come il simbolo della fatica delle autorità sanitarie, dopo tredici mesi di lotta contro la pandemia e tre ondate di contagi e decessi. Nemmeno la prospettiva di uscirne grazie ai vaccini, visti i ritardi nelle forniture e i dubbi sulla sicurezza, aiutano a superare il “bornout” di funzionari e politici causato dal Covid-19. Un’altra vittima illustre martedì è stata il ministro della Sanità dell'’ustria. Rudolf Anschober ha convocato i giornalisti e annunciato le sue dimissioni. “Sono esaurito”, ha detto: “15 mesi mi sono sembrati 15 anni”. A inizio marzo era stato ricoverato per problemi cardiovascolari. Nella sua ultima conferenza stampa, Anschober ha spiegato che “malgrado degli errori, abbiamo fatto molte cose correttamente”. Ma l’esponente ecologista di 60 anni si è permesso di criticare implicitamente il cancelliere Sebastian Kurz denunciando “divisioni”, “aggressività” e “conflitti di interessi” dentro il governo.
Questa settimana altri due ministri della Sanità di stati membri dell’Ue sono caduti a causa Covid-19. In Romania Vlad Voiculescu è stato licenziato dal primo ministro, Florin Cîtu, che ha accusato il suo ministro di non aver saputo preparare il paese alla terza ondata. Prima di lui è stato cacciato il ministro della Sanità della Repubblica ceca, Jan Blatný, praticamente su ordine del presidente Miloš Zeman, perché si era rifiutato di autorizzare il vaccino russo Sputnik V senza il via libera dell’Agenzia europea dei medicinali (Ema), bloccando di fatto le trattative di acquisto da parte del governo. L’11 marzo Sputnik V aveva provocato le dimissioni anche del ministro della Sanità della Slovacchia, ma per le ragioni opposte: Marek Krajcí se n’è dovuto andare perché aveva sostenuto l’accordo segreto concluso dal primo ministro Igor Matovic per l’acquisto del vaccino russo. I conflitti dentro la coalizione su Sputnik V hanno fatto cadere il governo slovacco. Il nuovo premier a Bratislava, Eduard Heger, ha scelto un generale, Vladimir Lengvarsky, per dirigere il ministero della Sanità.
Il primo caso di responsabile della sanità pubblica costretto a lasciare il posto per la crisi del Covid-19 era stato nei Paesi Bassi. Il 19 marzo del 2020, Bruno Bruins, si era dimesso dopo che il giorno prima era collassato durante un dibattito sulla pandemia in Parlamento. Il 5 gennaio scorso era stato il commissario del governo per il coronavirus in Belgio, Pedro Facon, ad autosospendersi a meno di tre mesi dalla nomina. “Non siamo invulnerabili”, ha spiegato un paio di mesi dopo, quando è tornato al lavoro. Sul piano politico i ministri della Sanità possono facilmente passare dalle stelle alle stalle, come è accaduto al tedesco, Jens Spahn, che a gennaio sembrava ben avviato per prendere il posto di Angela Merkel alla cancelleria e oggi è contestato per la gestione della terza ondata e delle vaccinazioni. Anche alla Commissione europea, la responsabile della Sanità, la cipriota Stella Kyriakides, è stata declassata. Le polemiche per i ritardi nelle consegne hanno spinto Ursula von der Leyen ad affidare la task force sui vaccini al commissario francese, Thierry Breton.