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il discorso del presidente

Putin racconta ai russi un paese che non c'è: "Non possono sconfiggerci sul campo"

Micol Flammini

Dire che le sanzioni funzionano, sostiene il capo del Cremlino, fa parte della propaganda dell'occidente che sa di non poter vincere la guerra. E annuncia il ritiro del paese dal trattato New Start per la riduzione delle armi nucleari. Il discorso all'Assemblea federale

Kyiv, dalla nostra inviata. Dopo quasi due anni senza apparire di fronte all’Assemblea federale, un obbligo per il presidente previsto dalla Costituzione russa, Vladimir Putin si è presentato con vecchi discorsi, promettendo: la prosecuzione della guerra contro l’Ucraina, la protezione della cultura russa, ottime prestazioni dell’economia

Una cassetta degli attrezzi vecchia, arrugginita, per dire che l’occidente ha aizzato l’Ucraina contro la Russia, che Mosca protegge gli uomini, le vite, mentre l’occidente porta avanti soltanto i suoi affari in Ucraina come in Libia, come in Siria. Ha ripreso e ingigantito i ritornelli della propaganda, finiti tra le frecce dell’arco di chi accusa la Nato e gli Stati Uniti di aver distrutto il mondo costruito dopo la Guerra fredda e, dopo aver detto che la Russia ha sempre rispettato i trattati, ha annunciato il ritiro di Mosca da uno di questi, uno dei più importanti: il New Start per la riduzione delle armi nucleari. Non consentirà più le ispezioni dell’occidente, ha ratificato in poche parole la fine di un mondo fatto di equilibri ed equilibrismi e, nonostante questo, ha accusato “le persone dell’occidente” di aver armato l’Ucraina ancora prima che la guerra iniziasse, di aver tolto i diritti al Donbas. Diritti che ora lui, Putin, con il suo esercito che distrugge case, uccide persone, vuole restaurare.

Ha promesso: “Porteremo avanti l’operazione militare speciale”. “Noi non siamo contro gli ucraini”, ha detto, descrivendo gli abitanti della nazione in guerra come vittime del regime armato dall’occidente. Nessuna parola sul viaggio di Joe Biden a Kyiv, nessuna parola sull’isolamento russo, anzi, secondo il capo del Cremlino, il mondo ha capito che l’occidente è interessato alle armi, non alle persone, non ai paesi poveri. In un anno non è cambiato nulla, anzi, anche sulla bocca di Putin la protervia sembra offuscata. Putin si è accomodato in questa guerra, i disastri, le morti non lo scompongono. Ha chiesto un minuto di silenzio per le vittime, ha detto che è pronto a inginocchiarsi di fronte alle mogli e alle madri di chi combatte al fronte e per i veterani e le famiglie più colpite dalla guerra ha promesso l’istituzione di un fondo, in cui saranno allocate risorse per aiutare economicamente e reintegrare chi torna dal fronte. Dopotutto, ha detto il presidente, l'economia russa non ha problemi e l’occidente, consapevole del fatto “che la Russia non può essere sconfitta sul campo di battaglia”, cerca di sconfiggerla su quello dell’informazione: dire che l’economia va male, colpire con le sanzioni, fa parte dello sforzo occidentale di fiaccare Mosca e i suoi cittadini. Ha promesso di restaurare l’economia dei territori occupati, le regioni dell'Ucraina che pretende di aver annesso, e che si trovano distrutte e impoverite. Putin ha detto che saranno elevate ai livelli di vita russi, che saranno aiutate, sostenute, ripagate. Tutto questo sarà possibile perché le sanzioni occidentali, secondo il presidente, non hanno sfiorato la Russia, l’economia cresce e quindi si potrà spendere in ricerca, istruzione, sanità, sviluppo. Ha cercato di dare forza alle sue parole ricordando che Mosca combatte una battaglia morale, contro la “catastrofe spirituale dell’occidente”, che nessuno in Russia si intromette negli affari privati, ma “le sacre scritture sono chiare” e le altre chiese, che non sono la chiesa ortodossa russa, stanno permettendo che i credenti si perdano: “Dio li perdoni”.

Nel discorso di un anno fa con cui dichiarò guerra all’Ucraina, Putin disse di essere stato costretto a prendere questa decisione per proteggere i russi, chi cercava la protezione di Mosca. Lo ha detto anche oggi, nel Gostiny Dvor, sede inusuale per il discorso all’Assemblea federale dove alle spalle degli astanti – ministri, soldati, religiosi, uomini e donne – era stato preparato un banchetto. Ma ha poi aggiunto che la Russia è fatta di molti popoli e molte anime, tutti pregano in modi differenti, ma pregano tutti per la vittoria. Ha ripetuto spesso che la Russia è multietnica, più del solito, quasi a contraddire l’idea del suo mondo russo. Quasi a rassicurare che la Federazione è unita. 

Un anno fa Putin iniziò un’invasione che ha ucciso soldati e civili e capovolto il mondo, la Russia inclusa. Ora ha sradicato ogni appiglio, ogni sistema di pesi e contrappesi, scomponendo i trattati che lo legavano all’occidente. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.