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Dal fronte

Intervista a un cristiano di Gaza: "Hamas ci opprime e ci usa nella sua guerra contro Israele"

Giulio Meotti

"Da quando Hamas ha preso il controllo della Striscia nel 2007, il numero di fedeli è diminuito da duemila a cinquecento. Dopo il 7 ottobre i terroristi sapevano che sarebbe stata una guerra aperta. A loro cento, mille o centomila morti palestinesi non interessano", dice al Foglio il credente

“Sono un cristiano di Gaza e da quando Hamas ha preso il controllo della Striscia il nostro numero è diminuito da duemila a cinquecento”. Così al Foglio un cristiano di Gaza da una località segreta in Cisgiordania e aiutato dal Center for Peace and Communications, nel cui board siede anche Dennis Ross. Rivelarne nome e cognome sarebbe mettergli un mirino dietro la schiena. A Gaza i cristiani erano presenti fin dall’alba del cristianesimo e del passaggio della Sacra Famiglia verso l’Egitto. San Porfirio è morto il 420 e le sue reliquie si trovano nella chiesa greco-otodossa di Gaza. Ma i cristiani nell’Autorità Palestinese e a Gaza sono oggi una popolazione residuale e vulnerabile.
 

Nel 2007, un anno dopo l’arrivo di Hamas, l’ultima libreria cristiana di Gaza fu bombardata due volte. Il suo proprietario cristiano, Rami Ayyad, un uomo profondamente religioso, fu rapito, torturato e ucciso da estremisti islamici. Per anni aveva ricevuto minacce di morte dai jihadisti. Nel 2012, i cristiani hanno organizzato una protesta pubblica dopo che due cristiani erano stati convertiti con la forza all’islam. Huda Al-Amash, la madre di uno dei convertiti, Ramez, ha dichiarato: “Se le cose restano così, non ci saranno più cristiani a Gaza”. Intervenne anche l’arcivescovo di Gaza Alexious.
 

Durante questa guerra, Hamas sfrutta quel che rimane della presenza cristiana” ci racconta il cristiano di Gaza ora esule sotto l’Autorità Palestinese. “Il numero prima del 2007, quando Hamas ha preso il potere, era di 3.500, molti entravano e uscivano a Gaza. Dopo il 7 ottobre è di 500. I cristiani palestinesi, anche sotto l’Autorità Palestinese, sono sempre stati trattati come cittadini di serie b. Anche se sotto Hamas va peggio che nell’Anp. Hamas in pubblico parla dei cristiani come una diaspora, non li considerano come parte della comunità palestinese. Ad esempio, si trincerano intorno alle chiese, alle case cristiane e agli edifici dove vivono i cristiani. Lo fanno perché pensano che, poiché questi luoghi non sono luoghi a rischio, possano nascondersi lì e non essere attaccati. I cristiani cercando di preservare le proprie tradizioni, ma Hamas prova a fermarci. Ad esempio tagliano i cavi elettrici delle campane della chiesa. Ci tirano pietre. Attaccano le persone dentro la chiesa. Ci sono sempre stati scontri fra Hamas e i cristiani. Avevamo una organizzazione di scout per i giovani e siamo sempre stati attaccati. Quando eravamo a Gaza ci lanciavano pietre, picchiavano alla porta e ci impedivano di usare le campane della chiesa la domenica, perché sapevano che c’era la preghiera in chiesa la domenica, e questo era un problema. E se volevi andare in uno spazio pubblico, ad esempio, anche solo per prendere un caffè sulla spiaggia, se la gente sapeva che eri cristiano, ti cacciavano”. Non ha dubbi sul 7 ottobre: “Quello che hanno fatto è disgustoso. Da quando sono arrivati al potere, tutto ciò che hanno portato è spargere sangue. Hanno portato la guerra al popolo palestinese. Tutte queste guerre: immaginate che un giovane palestinese di 28 anni ha vissuto cinque guerre a Gaza. Che tipo di vita gli resta? Immaginate se mi sposassi, cosa direi ai miei figli? Che vita avrei?”.
 

Attacca la naivëté occidentale. “Come cristiani, non siamo d’accordo con i governi europei e occidentali: quando un gruppo islamista sale al potere, per i cristiani significa persecuzione. Più Hamas è forte, più i cristiani saranno colpiti. È importante avere un governo moderato e non islamista. Hamas fa parte dei Fratelli Musulmani e voleva il 7 ottobre fare una dimostrazione di potere anche con le uccisioni, atterrire Israele e la comunità internazionale assassinando più persone possibile. Hamas il 7 ottobre voleva distruggere ogni opportunità di pace e normalizzazione fra i paesi arabi e Israele e fra israeliani e palestinesi. Voleva distruggere ogni possibile accordo. Voleva anche mostrare al mondo che solo Hamas prende decisioni per i palestinesi”.
 

Anche se a Hamas non interessano le vite dei palestinesi. Yahiya Sinwar ha definito la loro morte un sacrificio necessario. “Anche quando hanno preso Gaza nel 2007, Hamas lo ha fatto uccidendo. Nelle strade di Gaza non lo sapete ma ci sono manifestazioni contro Hamas. Il 7 ottobre sapevano che ci sarebbe stata una guerra aperta. A loro cento, mille o centomila morti palestinesi non interessano”.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.