Padri e figlie
La mondanità raffinata di Marina Ripa di Meana, così diversa da quella di Ivanka la saggia
Curiosità, terrore, speranza, paura, riso… Sono i sentimenti che fanno da ambigua corona – spine o alloro? – all’ascesa al potere di Donald Trump e della sua corte. Attendo i primi passi dell’esecutivo per potere stendere Trump sul lettino avendo a disposizione del materiale adeguato, originato da un concreto fare e non da supposizioni. Subito però mi va di segnalare un qualcosa che ho il coraggio di chiamare positivo, Ivanka Trump, moglie di un ricchissimo ebreo e madre di tre figli. E’ una bella ragazza anche se non precisamente il mio tipo, ha una luce negli occhi nei quali si legge una forte determinazione e fin quasi una lotta con quel padre che amatissima ama, al punto che Donald le concede un’attenzione che a nessuno si sogna di dare. E’ figlia di quell’Ivana che senza tregua si esibì sul grande palcoscenico della mondanità più sgangherata, ma Ivana con la “k” le dista chilometri, c’è in lei un qualcosa di nobile, pare abbia ordinato al padre di non infierire sul cadavere di Hillary, madre della sua amica Chelsea; e quando la si vede accanto al padre Donald è come se si scorgesse nel suo volto un’apprensione, che genera un pensiero più acuto di quello paterno. Sembra insomma che la figlia stia preordinando il modo con cui moderare la repubblicana irruenza. Donald d’altronde non aspetta altro: incestuoso e folle come il celebre Père Goriot che nel romanzo di Balzac insegue le figlie per donar loro l’ultima briciola dell’immenso patrimonio dilapidato per i loro capricci, altrettanto Trump è pronto a fare, ma non ce ne sarà bisogno: Ivanka è saggia.
D’altronde, i tre figlioli la invitano a vivere il più a lungo possibile, e se il padre e i suoi compari ormai in tarda età possono compiacersi nel giocare alla roulette russa, lei vuole vivere e vuole altresì che i suoi figli siano ricordati un giorno nelle scuole e altrove quali eredi di un uomo che si segnalò per la sua saggezza. Le figlie sono molto più intelligenti dei padri, ne so qualcosa, e quando dicono la loro, semplicemente con un sorriso, è meglio per tutti. In attesa che i due Trump si manifestino, leggo un libro che allieta le mie notti, “Colazione al Grande Hotel”, con Marina Ripa di Meana che evoca gli anni Sessanta Settanta e Ottanta trascorsi insieme a Moravia e a Parise, una mondanità ben più chic di quella trumpiana. E’ un simpatico libro che distrae da oscuri presagi di fine del mondo e riporta a un altro mondo, quello di un Grand Hotel dove grandi scrittori e miliardari si guardavano con curiosità. “Arrivavano tutti e due puntualissimi, scrive Marina, sempre molto eleganti, Goffredo più country gentleman, pantaloni di tweed e giacca di velluto a coste; Alberto ricercato, la cravatta puntigliosamente intonata alla camicia e alla giacca, i pantaloni impeccabili”. Si guardavano negli occhi, si guardavano attorno, guardavano il risotto e il pesce, prima o poi esplodendo in punte eccelse del tipo: “Marina, tu sei un’intellettuale pura!”. Dopo qualche settimana, poiché Moravia metteva sempre le puntine sulle “i”, le arrivava una lettera: “Tu non sei un’artista, Marina, ma si potrebbe affermare che c’è molta arte, sia pure a livello inconscio, nella tua vita… Poco importa se domani con un altro capriccio, un altro estro, distruggerai alla fine il tuo stesso ritratto. L’autodistruzione è il colmo del ‘particulare’”.
Ma né lui né Marina distrussero un bel niente, erano molto accorti, la serietà di Moravia faceva ridere assai. Anche quella, assai sottile di Marina, del tipo: “Non che io avessi capito granché di tutto quello che Alberto e Goffredo avevano scritto su di me…”. Squisito! Poi arrivava Gianni Agnelli sempre a caccia dell’amato Kissinger. Tanto per farle dispetto, Gianni dice che Marella l’ha sgridato vedendolo divertirsi alle cattiverie di Marina in tivù. “Niente di meglio che un po’ di atrocità dopo cena”, con elegante sprezzatura lei replica. Moravia e Parise approvano; quando persino Kissinger riesce ad annoiarlo, Agnelli prende a sbirciare l’allegro gruppetto. Mi chiedo cosa Moravia avrebbe detto di Trump, cosa ne avrebbe detto Parise. Azzardo: Alberto, il comunista che detestava la gente, avrebbe tuonato che Donald era un pazzo da abbattere, poi sarebbe andato allo specchio a guardarsi, perplesso. Goffredo si sarebbe limitato a guardare Alberto, col pensiero alla neve.
Il Foglio sportivo - in corpore sano