Le aperture dell'evoluzionista ateo a uno “scopo più alto” spiegano gli strani vantaggi dell'era post verità
New York. Il giornalista scientifico Robert Wright ha di recente ritrovato il nastro di una vecchia intervista con William Hamilton, il biologo che ha dato un enorme contributo alla sua disciplina e ha messo molte frecce ideologiche nella faretra dei teorici di stretta osservanza darwinista e materialista. Hamilton è fra le fonti più citate fra chi intende negare l’esistenza di qualche forma di intelligenza ordinatrice dietro quell’accidentale catena di circostanze ed eventi che è l’evoluzione umana. In quell’intervista Hamilton contraddice però la convenzionale rappresentazione dello scientista inossidabile che gli è stata cucita addosso, e apre alla possibilità che l’uomo sia una specie concepita e cresciuta da extraterrestri che si divertono a guardare i miliardi di esemplari umani che s’affannano nel loro vivere. La terra non è che un gigantesco zoo per alieni. L’idea è che questi alieni controllano il corso evolutivo dei loro animaletti da intrattenimento, ma di tanto in tanto qualcosa va storto, gli uomini si uccidono troppo rapidamente o distruggono il sistema con troppa foga, mettendo a repentaglio la sopravvivenza dell’esperimento. E’ allora che gli extraterrestri intervengono da fuori con i loro poteri illimitati per correggere il corso degli eventi, compiendo ciò che gli osservatori terrestri chiamano miracoli.
Ora, Hamilton considera questa ipotesi quasi come uno “scherzo” o un gioco, e Wright, che sul New York Times ha raccontato del ritrovamento dell’intervista, sottolinea che non bisogna farsi ingannare dalla rappresentazione fantascientifica, ma occorre andare alla sostanza della questione. La sostanza è che un baluardo della scienza atea e materialista che nega tutto ciò che non è misurabile ammette l’esistenza di uno “scopo più alto”, un ordine non casuale impresso da qualcosa di superiore che si serve di tutta la casualità evolutiva che la scienza osserva da distanza ravvicinata: “Sono aperto alla visione che esista un qualche tipo di bene ultimo di natura religiosa, dobbiamo andare oltre quello che la teoria dell’evoluzione ci dice e accettare che gli indizi di questo bene ultimo vengano da altre fonti”. Parla di uno “scopo trascendentale”, chiede Wright. Risposta: “Sì”. Ciò che è significativo, in questo nastro riemerso da un archivio dimenticato, non è che Hamilton creda in Dio o negli alieni che osservano lo zoo umano – tutti hanno superstizioni irrazionali private che convivono accanto a leggi razionali pubbliche – ma che il metodo dell’indagine scientifica che lui applica con rigore possa arrivare a contemplare la possibilità di uno “scopo più alto”, un “telos” razionale non risolvibile con l’applicazione delle leggi del raziocinio. Se esiste un vantaggio dell’era della post-verità è quello di aver aperto la porta di servizio alla categoria della possibilità.
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