Con D'Alema non si costruisce niente. Se ne è accorto anche Pisapia
Da un lato l'uomo che da almeno un quarto di secolo fa e disfa partiti e maggioranze. Dall'altro l'Amleto lombardo eternamente indeciso sul da farsi, che finalmente chiede all'ex premier "un passo di fianco"
Alla fine se ne è accorto anche Giuliano Pisapia. Costruire qualcosa, insieme a Massimo D'Alema, non è proprio possibile. “Faccia un passo di fianco”, chiede ora all'ex premier il leader di Campo progressista, che è uomo di garbo e di mediazione. Subito dopo, a rilanciare l'allarme è Bruno Tabacci, scudiero sempre più fedele del fu sindaco arancione di Milano: “Se continuiamo così, il centrosinistra va verso il suicidio”.
Ha ragione, Tabacci. Ma forse sbaglia il capo d'imputazione: perché non di morte volontaria autoinflitta, si tratterebbe: ma piuttosto di “un omicidio”. Con lo stesso, immancabile responsabile: D'Alema, appunto. L'uomo che da almeno un quarto di secolo fa e disfa partiti e maggioranze, crea governi nel giro di un intervallo pubblicitario – l'esecutivo di Lamberto Dini nacque così, con la benedizione del Lider Massimo, durante una pausa di Tappeto volante di Luciano Rispoli – e con la stessa facilità li distrugge. E forse non è un caso che possa vantare il non semplice merito di essere inviso a tutti quelli che si sono ritrovati ad averlo come sodale (da Occhetto a Veltroni, passando Prodi si astiene perfino dal giudicarlo): tutti illusisi o costretti ad illudersi, almeno una volta, che l'uomo fosse cambiato. Ma D'Alema, e questo gli va riconosciuto, ha una dote: la coerenza. Non rinnega la sua indole, né fa neppure grandi sforzi per nasconderla.
Se ne è reso conto anche Pisapia, questo Amleto lombardo eternamente indeciso sul da farsi, che a dire il vero ha sempre vissuto con malcelata riluttanza la convivenza col capo di Mdp. Ora, pare, la misura della sua sopportazione è colma. "Sa perfettamente – dice a Radio Capital – che io sono a disposizione di un progetto unitario e invece continua a fare dichiarazioni che dividono”. Lo sbotto arriva all'indomani di convulse trattative sul Def. Pisapia aveva imposto ai suoi parlamentari di votare lo scostamento e, al massimo, di astenersi sulla nota di aggiornamento. Per senso di responsabilità, certo, ma anche per coerenza. D'Alema invece auspicava, come fa da mesi, una condotta più ostile nei confronti del governo. Così si è arrivati all'ultimatum. “Era favorevole – dice Pisapia – che oggi non si votasse lo scostamento di bilancio, che avrebbe portato all'aumento dell'Iva. Io e altri abbiamo voluto fare un percorso diverso. Io sono dell'idea che chi non ha obiettivi personali potrebbe fare un passo di fianco. Bisogna essere in grado di unire”.
Scontato, a questo punto, la difesa d'ufficio degli ignoti militi dalemiani, arrivati a prestar soccorso al capo ingiuriato. L'ingrato ruolo stavolta se lo assume Danilo Leva: “Basta con questi continui attacchi personali a Massimo D'Alema. Questa è una fase per noi delicata e Pisapia ha la responsabilità maggiore di favorire un clima unitario e costruttivo”. Anche Roberto Speranza non è da meno: "L'opinione di D'Alema sul Def è in linea con le scelte assunte all'unanimità dai gruppi parlamentari". Poi, nel tentativo di rimettere insieme i cocci, aggiunge: “C'è una totale convergenza con Pisapia sulle richieste poste al governo. Se il governo dovesse cambiare linea in queste ore, noi siamo pronti a sederci e a discutere”. Peccato che ieri, Roberto Speranza – lo stesso, non un suo omonimo – avesse già sbrigativamente liquidato la questione definendo “insufficiente” la relazione del ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan e dicendo di “sentirsi fuori dalla maggioranza”.
Alla fine la verità sembra dirla proprio Tabacci, col candore di sempre. Una crisi di maggioranza legata alla tutela dei poveri malati e dei giovani lavoratori in difficoltà? Ma per favore. “E' una crisi di natura politica. Abbiamo di fronte uno strascico di veleni che arrivano dalla scissione del Pd. Ricordo che Giuliano Pisapia era stato a Palazzo Chigi con i capogruppo di Mdp e che da Padoan erano arrivate risposte sui temi sociali. Adesso il rapporto tra Pisapia e Mdp è più complicato. Perché Mdp sta diventando una piccola sinistra e questo non ci interessa”. Trascura, Tabacci, che per D'Alema le dimensioni non contano. Capotavola è dove si siede lui, il resto è dettaglio.