Recensire Manlio Di Stefano, responsabile esteri del M5s
Analisi critica di un articolo scritto dall'esperto di geopolitica dei grillini (tenetevi forte)
Oggi facciamo l’analisi critica di un articolo scritto da Manlio Di Stefano, responsabile Esteri del Movimento 5 stelle. Di Stefano si cimenta con la crisi aperta dall’Arabia Saudita, “un regime che è stato ricoperto d’armi” dall’Italia sotto la guida di Renzi e Gentiloni. Nessuna menzione dell’accordo da tre miliardi di dollari per l’acquisto di armi appena firmato a ottobre con la Russia di Vladimir Putin oppure a quello da dieci miliardi di dollari fatto con l’America di Donald Trump a maggio, perché si sa, Putin e Trump sono “statisti forti”, come dice Beppe Grillo. In particolare, Di Stefano si occupa dell’operazione saudita che sabato 4 novembre “ha travolto oltre un migliaio di personaggi della cricchia di palazzo”. Abbiamo cercato “cricchia” sul vocabolario, non l’abbiamo trovata, c’è però una citazione nel dizionario di Nicolò Tommaseo (anno 1874), immaginiamo la perplessità di un traduttore che un giorno dovesse tradurre il responsabile Esteri grillino. Dev’essere una specie di cricca, ma più infida ancora. Subito dopo Di Stefano scrive: “Poco pubblicizzato è stato anche l’incidente in elicottero che ha ucciso esponenti importanti del clan Mohamed, in particolare il figlio dell’ex candidato al trono, Moukrine”.
Quel principe Muqrin scritto alla francese, Moukrine (i francesi lo fanno per ragioni fonetiche, vedi per esempio Putin che diventa Poutine) ci ha messo la pulce nell’orecchio e abbiamo cercato su Google l’intera frase, che è infatti è stata presa di peso da un sito molto vicino ai Cinque stelle, l’Antidiplomatico e da un’intervista fatta da Alessandro Bianchi. Ma è molto probabile che Bianchi non protesterà per questo plagio, considerato che è pagato come consulente per l’Ufficio legislativo dei grillini alla Camera, stipendio compreso fra i 2.500 e i cinquemila euro netti al mese. E’ tutta un po’ una cricchia. Ma questo prelievo è nulla, per dire, rispetto a quando Di Stefano cita il primo ministro libanese dimissionario, Saad Hariri, che lui scrive così: Saʿd Ḥarīrī con la trascrizione fonetica presa direttamente da Wikipedia. Tutti i nomi arabi hanno ovviamente una trascrizione fonetica, ma non è il caso di usarli se non si è linguisti. Altrimenti al posto di “Washington” ci toccherebbe scrivere “u̯òšintën”. Wikipedia scrive così per aiutarci, non per farci fare la figura di quelli che hanno bisogno di guardare su Wikipedia mentre scrivono un vibrante pezzo di politica estera. Dopo i prestiti risorgimentali, francesi e fonologici , Di Stefano arriva al dunque: “Siamo di fronte a scenari che richiedono un’immediata presa di posizione dell’Italia”. Credevamo che la posizione grillina, dal Venezuela alla Russia, fosse sempre “non interferire”, come loro hanno spesso spiegato. Ma davanti alla “ossessione saudita contro l’Iran”, l’Italia “non può stare a guardare”. “Oltre alle parole, però, servono azioni concrete”.
Quali azioni concrete, Di Stefano non lo spiega, però ellappeppa se le ha cantate chiare anche questa volta. Sentite questo passaggio: “Servono azioni concrete, perché la crisi si avvia verso una fase molto delicata, con i sauditi che dopo aver finanziato, supportato e armato i terroristi che hanno devastato Iraq e Siria, si preparano a colpire anche l’Iran direttamente o indirettamente attraverso il Libano”. Ora, è noto che Riad ha appoggiato gruppi ribelli in Siria, ma il riferimento ai terroristi “che hanno devastato l’Iraq” può voler dire soltanto una cosa: Di Stefano accusa l’Arabia Saudita di avere finanziato, supportato e armato lo Stato islamico. Si tratta di una visione convenzionale e terra terra delle cose, detta anche “da bar”. In realtà il governo saudita non appoggia lo Stato islamico, come mille esperti potrebbero spiegare, anche perché lo Stato islamico vorrebbe decapitare tutti i regnanti sauditi che considera una cricca, pardon una cricchia, corrotta e infedele. Ma queste, nel mondo distefaniano, sono sfumature.