I miei amici di sinistra, ovvero la causa del mio eterno sconforto
I problemi concreti non si risolvono su Facebook. Proposta per una bella manifestazione di piazza
Quando elenco le cause del mio eterno sconforto, in cima alla lista non ci trovo mai la Terza guerra mondiale, la progressiva accettazione del razzismo, l’opposizione ai vaccini o i quotidiani attacchi alla competenza in politica. Niente di tutto questo: la cosa che più mi butta giù è il fatto che far digerire la Realpolitk ai miei amici mi costa più fatica di quanta non ne fosse costata ad Anna dei miracoli per far pronunciare la parola “acqua” a Helen Keller.
Ho trascorso gli ultimi anni della mia giovinezza circondato da gente che, pur dicendosi più a sinistra di me, ha sprecato ogni secondo della sua giornata accusando il Pd di essere un partito reazionario, razzista, omofobo e classista. Il tutto mentre sotto il loro naso proliferavano indisturbate le peggiori muffe sovraniste, mentre prendeva corpo (e voti, milioni di voti) un movimento che è riuscito a imporre l’assurda narrativa per cui non serve più fare distinzioni tra destra e sinistra. Sono loro, i miei amici di sinistra (“quella vera”, come si ostinano a ripetermi), gli stessi che si illudono di poter cambiare il mondo con uno status su Facebook e qualche girotondo boldriniano, ad avermi fatto irrimediabilmente perdere fiducia nell’umanità.
Anche in questi giorni, messi davanti all’ennesima crisi della sinistra parlamentare, li sento parlare solo di cose futili, come la necessità di difendere la lingua italiana dalla minaccia della musica trap. Ma perché la gente che riempie la mia filter bubble non si comporta come i nostri avversari politici? Perché, a differenza di chi ha preso il potere in questo paese, non si decidono a fare entrare la Realpolitik nelle loro vanitose performance identitarie? Perché, anziché crogiolarsi nel narcisismo delle loro opinioni, non prendono d’assalto la realtà? Se vogliono mettere in crisi l’attuale assetto di potere, perché non si decidono a girare il coltello nella contraddizione su cui questa alleanza gialloverde è fondata?
E per non essere accusato di essere il solito radical chic milanese completamente out of touch, voglio fare una proposta concreta e mettere sul tavolo un’idea che potrebbe davvero fare la differenza.
Qualcuno ricorda gli scontri del luglio del 2011, durante i quali i manifestanti No Tav ferirono circa duecento agenti di polizia? Stando alle ultime notizie, dopo quasi sette anni di processi, gli imputati ne sono usciti con la piena assoluzione o – in rarissimi casi – con pene irrisorie. Non so voi, ma io in questa storia vedo delle grandi potenzialità e mi stupisce che a sinistra nessuno spin doctor degno di questo nome l’abbia tirata fuori.
Per esempio, perché i miei cari amici progressisti non organizzano una bella manifestazione di piazza in sostegno di quei poliziotti malmenati? Perché tutti noi di sinistra non scendiamo in piazza a sostegno dei poveri celerini? Me la immagino questa colorita e scalcinata manifestazione, in pieno stile anni Novanta, con i centri sociali che sfilano, i 99 Posse sparati a tutto volume e un paio di tizi con i dreadlocks che srotolano uno striscione a favore delle vittime del dovere: i nostri compagni in divisa, uomini e donne dimenticate dallo Stato a cui hanno giurato eterna fedeltà. E, un po’ alla volta, al corteo si uniscono gruppetti di lesbiche e froci, sceneggiatori romani e istruttrici di teatrodanza, cantanti in crisi creativa e femministe convertite alla letteratura per l’infanzia.
Mi immagino tutta questa varia umanità schierata in difesa degli stessi sbirri su cui ha sempre sputato e lo spaventoso livello di mindfuck (o di entropia, se avete più di trentacinque anni) che produrrebbe. Sarebbe una cosa paragonabile solo alla strategia putiniana della Politica del Caos, una strategia grazie alla quale – fomentando gli scontri tra gli opposti estremismi dello scenario russo – il saggio Vladimir è riuscito a emergere e imporsi come alternativa moderata. Ma, soprattutto, immagino le conseguenze di questa folle, straniante e inconcepibile manifestazione: farebbe scoppiare il cervello a tutti. Di Maio sarebbe costretto a coccolare i suoi No Tav, mentre Salvini dovrebbe come sempre schierarsi al fianco degli agenti, anche se li beccassero a sfilettare un cucciolo di Corgi gallese senza alcun precedente penale. In una sola mossa, saremmo in grado di minare definitivamente la stabilità di questo governo, e capiremmo in che modo bruciare sul nascere qualsiasi futuro rigurgito populista. Per una volta nella vita, potremmo manifestare e ottenere immediatamente dei risultati concreti, anziché limitarci a ostentare le nostre posizioni progressiste al solo scopo di ottenere consensi all’interno della nostra cerchia.
Ma purtroppo, nonostante io abbia sempre ragione, i miei amici non mi danno mai retta. Nella loro visione del mondo, i problemi concreti non vanno risolti, ma dibattuti eternamente sui social, stracciandosi le vesti e dichiarando il proprio sdegno. Lo aveva capito anche Kant. Manifestare i propri sentimenti caritatevoli anziché metterli in pratica per risolvere un problema non è una virtù. E’ solo una forma di esibizionismo.