Un kimono è per sempre
Nel Giappone 2.0 si noleggia qualunque cosa. Anche il celebre vestito tradizionale. Quest'anno però qualcosa è andato storto
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IN PRIMO PIANO: UN KIMONO E' PER SEMPRE
La festa della maggiore età (成人の日) in Giappone è una cosa molto seria. Si celebra il secondo lunedì di gennaio di ogni anno, e celebra il divenire adulti dei ragazzi, che in Giappone è fissato a vent'anni. Le cerimonie variano da regione a regione, ma diciamo che si tratta sempre di una festa pubblica, e va da sé che per l'occasione si sfoggino i vestiti tradizionali. Ora, come potete immaginare, per comprare un kimono (di autentica seta, compreso di obi, obijime, zori) ci vogliono almeno diecimila euro, ma praticamente da sempre, come mi raccontavano molte signore giapponesi, esiste un utile servizio di condivisione e noleggio (anticamente erano le ricche signore che prestavano i loro numerosi kimono alle giovani donne che lavoravano in casa, ad esempio).
Nel Giappone 2.0 si noleggia qualunque cosa: un uomo di mezza età che ti ascolti, un'amica con cui andare a fare shopping, un padre che ti accompagni all'altare (qui c'è un'intervista a un "padre in affitto" che racconta la sua esperienza con la mamma single di una bambina bullizzata proprio perché non aveva un papà, ma nessuno le ha mai detto che il padre è un fake-padre), perfino un monaco buddista (anche se il servizio è un po' controverso). Come immaginerete, il noleggio del vestito per la festa della maggiore età è diventato un business notevole.
Quest'anno però qualcosa è andato storto. La Harenohi, una delle più grandi società di noleggio di abiti tradizionali giapponesi, non ha consegnato un bel niente in tempo per l'8 gennaio. Ha chiuso improvvisamente due negozi, forse perché oberata dai debiti. Immaginate queste ragazze che da mesi aspettavano il loro lunedì di festa, quasi sempre pagato con i risparmi dei genitori (l'Asahi riporta alcune testimonianze: “It’s outrageous,” the 19-year-old university student screamed. “I want the company to pay back all the precious money of my parents”).
Come da tradizione giapponese, però, è partita una gara di solidarietà per le ragazze che non hanno potuto celebrare degnamente il proprio passaggio all'età adulta, con aziende tessili tra le più famose del mondo che si sono messe a disposizione per salvare almeno le fotografie-ricordo delle giovani donne.
Ad Hachiōji, nella città metropolitana di Tokyo, la comunità sta organizzando via social network una nuova cerimonia da organizzare il mese prossimo, con kimono gratuiti, trucco e parrucco compresi, per le ragazze che non hanno avuto il loro giorno. Il Japan Times ha intervistato Maki Nishimuro, che ha un negozio di kimono in zona e che lunedì scorso è stata invasa da figliole in lacrime: "Non si tratta di avere una cerimonia grande o appariscente… Tutto quello che voglio fare è rivedere il sorriso sui loro volti".
Il problema non è solo economico (almeno 560 famiglie hanno denunciato la Harenohi, e sono guai) ma anche e soprattutto emotivo, spiega qui l'avvocato Shogo Gohara. In un paese che invecchia sempre di più, e che dà per tradizione molta importanza alle nuove generazioni, quella dei kimono è una storia di fallimenti ma anche di comunità che sanno come salvarsi.
(Ps. Come avrete capito, ho aperto con una storia bella per evitare di parlare di nuovo di Trump, Kim Jong-un, geopolitica e soprattutto per evitare di fare quello che stanno facendo tutti adesso: fare previsioni sui colloqui. Iniziamo)
LA SETTIMANA
PENISOLA COREANA
Quella che vedete qui sopra è la prima immagine pubblicata dai media nordcoreani del leader Kim Jong-un da una settimana. Da quando, cioè, rappresentanti di Corea del nord e Corea del sud si sono visti al Villaggio della Pace per parlare di Olimpiadi e segnali distensivi vari (per i dettagli, vi rimando a questo articolo). La prima settimana dell'anno è pure quella del presunto compleanno di Kim Jong-un. Per mostrarsi al mondo sorridente dove si è fatto fotografare, Kim? Naturalmente davanti all'Accademia delle Scienze di Pyongyang, ovvero il tempio del nucleare nordcoreano.
Ci sarà un nuovo incontro la prossima settimana tra le delegazioni nordcoreana e sudcoreana, per decidere i dettagli sulla partecipazione alle Olimpiadi invernali. a società di cybersicurezza americana ha scoperto un software che si installa sul computer delle vittime, estrae una criptovaluta che si chiama "monero" e la invia in Corea del Nord, nello specifico alla Kim Il Sung University di Pyongyang.
Ah, a proposito di Olimpiadi. Moon Jae-in ha stralciato il vecchio accordo "definitivo", e vuole che il Giappone si scusi per le cosiddette "donne di conforto". Abe gli ha detto che non lo farà. E' possibile che questa questione, che va avanti da più di settant'anni, deteriori ancora di più i fragili rapporti tra Seul e Tokyo. E' a rischio la partecipazione di Abe alla cerimonia di apertura.
Nell'intervista al Wall Street Journal, Donald Trump dice di essere "in buoni rapporti con Kim Jong-un", o almeno così leggerete sui vari titoli della stampa, domani mattina. Ecco, la frase è un po' più complessa. Trump dice:
WSJ: You think North Korea is trying to drive a wedge between the two countries, between you and President Moon?
Mr. Trump: I’ll let you know in—within the next 12 months, OK, Mike?
WSJ: Sure.
Mr. Trump: I will let you know. But if I were them I would try. But the difference is I’m president; other people aren’t. And I know more about wedges than any human being that’s ever lived, but I’ll let you know. But I’ll tell you, you know, when you talk about driving a wedge, we also have a thing called trade. And South Korea—brilliantly makes—we have a trade deficit with South Korea of $31 billion a year. That’s a pretty strong bargaining chip to me.
With that being said, President Xi has been extremely generous with what he’s said, I like him a lot. I have a great relationship with him, as you know I have a great relationship with Prime Minister Abe of Japan and I probably have a very good relationship with Kim Jong Un of North Korea.
I have relationships with people, I think you people are surprised.
Vuol dire: ho rapporti tranquilli con tutti tranne che con Moon Jae-in.
Le vendite di "Fire and Fury" – il libro su Trump di Michael Wolff – riflettono "i sentimenti anti-Trump che nella comunità internazionale stanno accelerando. Il libro si sta diffondendo in tutto il mondo, e così Trump viene umiliato in tutto il mondo". I più grandi fan di Michael Wolff, in questo momento, sono al Rodong Sinmun – il quotidiano di Pyongyang.
Una delle vecchie guardie del corpo di Kim Jong-il è uno dei "defector" nordcoreani più famosi del mondo. Lee Young-guk vive a Seul sin dal 2000, e fino al 1988 è stato "a stretto contatto" con Kim Jong-il. Ha tentato di scappare per la prima volta intorno al 1994 (non è mai chiaro in questi casi), quindi prima che il successore di Kim Il-sung prendessero il pieno potere del paese. Da una ventina d'anni Lee fa l'attivista per i diritti umani. Ora la Abc l'ha intervistato di nuovo, e lo ha fatto parlare del giovane leader Kim Jong-un, per poter fare un titolo così: era un bambino isolato. Come dire: un caso psichiatrico. Ma, secondo voi, può davvero essere attendibile la testimonianza di un uomo che ha lavorato nelle stanze del potere di Pyongyang così tanto tempo fa?
Thomas Fisler ha lavorato quattro anni in Corea del nord, per conto dell'Agenzia svizzera per la Cooperazione e lo Sviluppo. Racconta a Chad O'Carrol com'è vivere da straniero, per così tanto tempo, nel paese "più recluso" (?!) del mondo (e quanto, ancora oggi, a leggere i giornali, ci rendiamo conto di capire e di sapere davvero molto poco della società nordcoreana).
In questo caos, i sondaggi di gradimento sul presidente che ha teso una mano a Kim Jong-un vanno alla grande: Moon Jae-in è amato praticamente da tutti, perfino dall'opposizione di governo.
GIAPPONE
Il primo ministro Shinzo Abe ha iniziato il suo viaggio di stato nei paesi Baltici e nell'est Europa, dove visiterà anche Bulgaria, Serbia e Romania. Viaggia con trenta businessmen giapponesi al seguito, il che vi dà l'idea della natura della sua visita. Al termine di questo viaggio Abe avrà viaggiato in 76 paesi sin dal suo secondo insediamento nel 2012. Un record.
Dettagli interessanti. Dall'Estonia il governo giapponese ha intenzione di importare il sistema elettronico di voto. Il primo ministro nipponico si era già innamorato della vita “smart” degli estoni qualche anno fa, quando aveva voluto introdurre la carta d'identità elettronica.
In Lituania Shinzo Abe visiterà per la prima volta il consolato giapponese dove lavorava Chiune Sugihara. La storia del cosiddetto “Schindler giapponese” l'avevo scritta in un long-read sul Foglio di qualche tempo fa, e potete leggerla qui: “Grazie ai 2.139 visti firmati da Sugihara durante i ventinove giorni più difficili della sua carriera al consolato in Lituania – tra il 31 luglio e il 28 agosto del 1940 – ha salvato più di seimila ebrei (dai quali si calcolano più di quarantamila discendenti) rischiando la sua vita, la vita della sua famiglia e soprattutto sacrificando la carriera”.
Un disoccupato giapponese ha dato fuoco al suo letto in una stanza dell'Apa hotel di Kabukicho, a Tokyo. Poi si è consegnato alla polizia, dicendo che lo ha fatto perché voleva andare in prigione. E' un vecchio tema, in Giappone. Un report del 2016 della Custom Products Research mostrava come il 60 per cento dei furti di merce viene consumato da persone che hanno superato i 60 anni. Il 40 per cento di loro sono recidivi. Perché? In parte, perché la crisi economica e il numero sempre crescente di anziani soli rende il carcere un posto desiderabile, dove avere vitto, alloggio e cure mediche. Qui c'è un gran bel servizio video di Bloomberg del 2015 sul tema. L'intervista all'assistente sociale che dice: “Alcuni di loro sono terrorizzati di uscire, perché non hanno una casa” è illuminante.
Un lungo pezzo di Ian Buruma rimette insieme un sacco di argomenti di cui abbiamo parlato in passato, e cerca di rispondere a una domanda: perché in Giappone il populismo non esiste?
L'incredibile storia di Kazuyoshi Miura, altrimenti conosciuto come Re Kazu. Ha 51 anni, e ha firmato un nuovo contratto con la squadra di calcio di Yokohama. Negli anni Novanta ha perfino giocato nel Genoa.
Argomenti di dibattito - le criptovalute
Giappone e Corea stanno andando fuori di testa per i soldi virtuali.
E siccome se c'è una cosa che funziona, in Giappone, c'è anche la sua versione kawaii, ecco che sono nate le Kasotsuka Shojo. Letteralmente sono le ragazze delle criptovalute, sono otto, e ognuna di loro ne rappresenta una: c'è bitcoin, Ethereum, ripple. Ognuna di loro cerca di insegnare ai consumatori come ci si tutela dalle truffe.
Del caso sudcoreano ne abbiamo già parlato in queste Katane. Nel paese più tecnologico del mondo, in molti rischiano di rovinarsi in caso di esplosione della bolla. Mentre il governo minaccia di rendere illegali le transazioni, i titoli crollano. Qui su Forbes si cerca di spiegare perché ai coreani piaccia tantissimo Ethereum.
Quattro chilometri e mezzo a piedi per arrivare a scuola. E questo bambino, con il freddo di Zhaotong, ci è arrivato così. La foto l'ha scattata il suo insegnante, ed è diventata "virale" sui social (e scusate l'espressione). E' il simbolo dei bambini cinesi “left-behind”, figli di famiglie povere i cui genitori lavorano in città lontane. Quel che mi ha stupito di più è che non sia stata mai sottoposta a censura, anzi. Il China Daily ha dato conto della campagna di solidarietà per aiutarlo, la lotta alla povertà è uno dei capisaldi della politica di Xi Jinping.
CINA, E ALTRE STORIE
La crescita del pil della Cina per il 2017 si attesterà al 6,9 per cento. Lo dice il premier Li Keqiang.
"Edifici illegali". E' sotto questa definizione che in settimana le autorità di Pechino hanno demolito, a Linfen, nello Shanxi, l'enorme chiesa evangelica "del candelabro d'oro". Gli osservatori credono che sia un segnale della stretta cinese contro le religioni "occidentali".
Ritrattone con molte notizie (e molti dubbi) di Guo Wengui, il miliardario cinese che ora si rifugia a New York e fa il dissidente.
#WoYeShi. La prima donna a pubblicare su Weibo la sua storia di violenza è stata Luo Xixi, una ex studentessa di un’università pechinese che ha denunciato il proprio supervisor. Altro che Hollywood, in Asia la questione è ben più complicata. Simone Pieranni sul manifesto racconta la storia del #MeToo in versione cinese.
"Recentemente ho sollevato dubbi sull'acquisizione di Esaote da parte di un colosso cinese", scrive il prof. Michele Geraci su Twitter (se volete seguire le cose economiche cinesi che ci riguardano, dovete necessariamente seguirlo su Facebook o su Twitter) "Ora qualcosa sta cambiando". In che senso? Nel senso che il governo italiano sta pensando di esercitare il golden power sull'azienda con sede a Genova che produce apparecchi di diagnostica medica, e che dovrebbe essere acquistata da una cordata di imprenditori cinesi con a capo Jack Ma, fondatore di Alibaba.
Geraci da tempo mette in dubbio la capacità europea di far funzionare gli investimenti cinesi qui da noi: "In Europa viviamo una contraddizione", mi diceva in un'intervista tempo fa "la crisi economica fa sì che l’interesse dell’azionista della società sia in contrasto con l’interesse del paese. La Cina, ovviamente, fa i propri interessi e va incontro ai bisogni di chi vende. Ma gli investimenti cinesi non portano nuovi capitali, è solo uno scambio di azionisti. Non ci sono nuovi posti di lavoro, né un’apertura al mercato cinese di prodotti esteri”. Soluzioni? Per Geraci si dovrebbe passare ad acquisizioni a passaggi obbligati, con l’acquirente cinese limitato ad acquistare in un primo momento solo il 30 per cento della società oggetto, salvo poi aumentare la quota dopo aver verificato una serie di criteri indispensabili al miglioramento economico della società (e quindi del paese). Per salvaguardare l’interesse nazionale.
"Ultimamente, riflettendo a fondo sul significato della parola indipendente preferisco associarla all'autonomia e alla libertà, la libertà di trovare nuovi modi di espressione e rompere i limiti che ci eravamo creati per raggiungere poi un ulteriore traguardo”. Il regista cinese Wu Wenguang intervistato da Désirée Marianini.
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Cambogia. “My husband doesn’t know what to do every day; he only knows how to smoke yama and cigarettes, makes a mess and drinks beer and fucks other girls, wastes money in the clubs and never gives a shit”. I testi delle canzoni di Vartey Ganiva non sono i soliti testi pop da canzoni d'amore. Perché lei è considerata l'unica punk rocker cambogiana. Ha ventiquattro anni, e sa bene come funziona essere donna nelle zone più rurali del paese. E lo racconta a Ozy.
Filippine. PornHub, noto servizio online di video porno, come ogni anno ha pubblicato i dati sugli utenti che sono sempre una grandissima scoperta. Nel 2017, per esempio, le Filippine hanno due prime posizioni a livello globale. La prima è sul tempo trascorso ogni volta sul sito: 13 minuti e 28 secondi di media, rispetto ai 9 minuti e 30 secondi degli italiani. L'altro primato è che il 36 per cento del traffico dalle Filippine è femminile – in Italia solo il 23 per cento. Le Filippine sono da anni considerate il miglior posto in Asia per quanto riguarda il "gender gap", anche se nel 2017 sono passate dalla 7° posizione alla 10°.
Indonesia. Ricordate il ministro della Pesca indonesiano, la fantastica Susi Pudjiastuti, la lady d'acciaio che si è fatta da sola una compagnia aerea partendo da zero e poi è diventata ministro? Lei è la principale causa della linea dura contro la pesca illegale cinese nelle acque indonesiane (linea che potremmo riassumere così: se peschi nelle mie acque ti faccio saltare). Ora, siccome Giacarta sta cercando un'intesa con Pechino, qualcuno nel governo di Jokowi inizia a dire: forse dovremmo essere più tolleranti.
La storia di Shinta Ratri, donna transgender di 54 anni, leader dell’unica scuola coranica al mondo gestita da membri della comunità Lgbt, la Pondok Pesantren Waria al-Fatah. Se ne parla da tempo, qui la racconta su Affari Internazionali Riccardo Pareggiani.
Extra. Leggetevi la cover story del Nikkei Asian Review sull'Asia che sta cambiando faccia ai voli commerciali.
Libertà di stampa in Myanmar
Kyaw Soe Oo e Wa Lone sono due giornalisti di Reuters arrestati il 12 dicembre scorso mentre facevano il loro lavoro in Myanmar – un paese tecnicamente guidato da un Premio Nobel per la Pace. Giorni fa c'è stata la loro seconda udienza in tribunale, sono stati accompagnati in manette. Rischiano 14 anni di carcere perché sono stati trovati in possesso di documenti governativi che, secondo le autorità, non avrebbero dovuto avere. I colleghi giornalisti che hanno seguito l'udienza a Yangon, per protesta, erano vestiti di nero – esatto, proprio come i partecipanti ai Golden Globe, ma meno.
[per saperne di più, qui Reuters, qui il Myanmar Times che ha raccontato l'udienza, qui l'editoriale del Foglio]
Il Foglio sportivo - in corpore sano