Bau-Sette-tè
Joe va alla conquista del Corriere dedicando la copertina di Sette a Michele Anzaldi. Cairo esulta
Bau-Sette-tè, è il De Bello Severgninico. Joe va alla conquista del Corriere della Sera. L’intrepido inviato – nominato direttore per la delizia del lettore – finalmente ne indovina una: dedica non una ma la copertina restante di marzo, quelle di aprile e quelle di maggio a Michele Anzaldi.
Bau-Sette-tè, è il De Bello Severgninico. Anzaldi, il magnifico rompiballe membro della commissione di Vigilanza Rai – il fustigatore del molle e loffio corpaccione di Viale Mazzini – è stato nominato da Matteo Renzi alla guida dell’ufficio comunicazione e Joe, colta la palla al balzo, gli rende onore facendone una cover-star.
Bau-Sette-tè, è il De Bello Severgninico. E’ un grande colpo di genio questo di celebrare Anzaldi sul settimanale di Via Solferino e finalmente Urbano Cairo, lo sparagnino editore, può godere di un immediato beneficio.
Bau-Sette-tè, è il De Bello Severgninico. Joe ha fatto tante scelte dissennate. Quella di organizzare il torneo disanimalista degli asinelli in Sala Albertini, giusto per fare un esempio – e solo per fare un dispetto a Lucianino Fontana, l’attuale direttore del Corriere – ha avuto il solo risultato di fare scappare gli inserzionisti di cibo per cani, per gatti e anche i produttori di biada vegana. Questa pensata di Anzaldi in copertina, invece, inverte il trend.
Bau-Sette-tè, è il De Bello Severgninico. Antonio Campo nell’Orto in persona, tanto per dire, nel tentativo di rabbonire il sempre severo Anzaldi, firma contratti di pubblicità del valore di milioni di milioni e di milioni per pagine, pagine e ancora pagine di Sette. Tutte le più importanti trasmissioni della Rai chiedono di poter essere pubblicizzate nel settimanale allegato al Corriere, è un trionfo commerciale.
Bau-Sette-tè, è il De Bello Severgninico. Lo stesso Cairo, rallegrato da tanto Bengodi, medita di elargire a Servegnini non uno ma due blocchetti di buoni taxi per la corsa Milano-Crema ma Joe, morso dalla tarantola della vanità, fa un passo falso. Fa stampare su ogni pagina la pubblicità di un solo programma Rai, e però non di una trasmissione attualmente in onda, bensì defunta, la se pur gloriosa sua “Erba del Vicino”.
Bau-Sette-tè, è il De Bello Severgninico. La tarantola della vanità non perdona. Joe mette la propria faccia, la propria mascella in forma di baule e la propria frezza bianca da suora laica in ogni sfoglio. Cassa la pubblicità di Montalbano, pur sempre un commissario, per non urtare la sensibilità degli amici di Detroit alleati con Gianni & Riotto detto Johnny; straccia le foto di Lucy, la già badessa Rai, l’Annunziata, per vendicare antichi rancori tra suore secolari – quello che è lui – e quelle di clausura come lei; fa, infine, tutto un peana a Mario Orfeo detto Moiro Orfei, direttore del Tg1, ma solo per celebrarne le abilità circensi e provocare ulteriormente la sensibilità animalista dell’incolpevole Fontana.
Bau-Sette-tè, è il De Bello Severgninico. Apriti cielo: gli inserzionisti di cibo per cani, per gatti e i manager della mangimistica eco-solidale, con l’associazione “Nessuno tocchi Ciuchino” organizzano un sit-in a Saxa Rubra per denunciare gli abusi sulle povere fiere costrette alla frusta ma Moiro, da navigato democristiano qual è, riesce a placare la turba. Offre agli astanti un numero di grande abilità equestre, certo, e però coinvolgendo un leone d’animo e di cuore e non di criniera: il supremo inviato Marco Frittella che salta da un cerchio di fuoco all’altro come niente.
Bau-Sette-tè, è il De Bello Severgninico. La frittata è però fatta. La pur gloriosa “Erba del Vicino” spalmata in ogni dove offre al tonante Anzaldi un’occasione troppo ghiotta per esercitare il proprio compito di censore. Sfoglia Sette, conta ben ottantasette pagine di Joe impegnato in pic-nic sull’erba di ogni vicino e si lancia in una tremenda filippica contro l’apnea amebica di Campo nell’Orto: “Paga pubblicità in suffragio e disperde il patrimonio del servizio pubblico”.
Bau-Sette-tè, è il De Bello Severgninico. Sollecitato da Monica Maggioni, Campo esce dall’Orto e fa carta straccia di tutti i contratti che avevano fatto la gioia di Urbano Cairo al quale, battendosi il petto per la sua maxima culpa d’aver fatto direttore Joe, non resta altro che avviarsi nottetempo verso le stazioni penitenziali: all’alba è inginocchiato davanti alla porta di Pier Luigi Vercesi, quindi a mezzogiorno eleva supplica a Sandro Mayer per arrivare al tramonto al cospetto di Massimo Gramellini: “Non avresti un po’ di caffè amaro, amarissimo?”.
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