Tutti sul carro
Mieli smentito subito: tutti i giornali al governo con Salvini e Di Maio (anche il Foglio)
Riotto e Servegnini sul carro di Di Maio e di Salvini. Non è vero, non è vero. Non è come dice Paolo Mieli e cioè che tutti i giornali sono contro il nascente governo. Tutti sono finalmente a favore. Compreso Il Foglio che abbandona al suo destino Matteo Renzi (per non dire dove lascia, ramengo, il Cavaliere…), si schiera a favore del governo del cambiamento con una nomina pesante.
Riotto e Servegnini sul carro di Di Maio e di Salvini. Non è vero, non è vero per fortuna. Mieli è subito smentito dai fatti. Tutti i giornali appoggiano il governo ed ecco, dunque, da via del Tritone il nome più atteso per la formazione dell’esecutivo. Altro che Maria Elena Boschi e suoi adulatori, arriva Annalena Benini quale ministro per le Riforme Letterarie (è un dicastero in cui sottosegretari sono Massimo Gramellini, Massimo Recalcati e Massimo Giannini).
Riotto e Servegnini sul carro di Di Maio e di Salvini. Non è vero, dunque, proprio non è vero. E lo stesso Mieli, da par suo, indiscusso principe del giornalismo (e della ricerca storica) si ritrova ministro per i Rapporti con il Parlamento nel gabinetto di governo di Emilio Carelli. In una faticosa trattativa, dalla durata di dieci secondi, il Carelli – già giornalista, prontamente statista – è riuscito a convincere Mieli, chiamato anche a garantire (in un comitato che comprende Carlo Freccero, Antonio Ricci, Michelle Hunziker e Maria De Filippi) “il programma del cambiamento”.
Riotto e Servegnini sul carro di Di Maio e di Salvini. Non è vero, e non è mai stato vero. Tutti i giornali – e i fatti lo confermano – non vedevano l’ora di correre sul carro del governo. E se Gianni & Riotto detto Johnny, grazie alla moral suasion degli amici degli amici di Detroit, ruba il posto alla Farnesina a Giampiero Massolo è Joe Servegnini, direttore di 7-tè, a dare – va da sé – maggior lustro al “governo del cambiamento”.
Riotto e Servegnini sul carro di Di Maio e di Salvini. Non è vero, dunque, non è come ha detto fino a poco tempo fa Mieli. Il governo del cambiamento è propriamente il governo dei giornali. A un Riotto che ruba il posto a Massolo agli Esteri, infatti, va ad aggiungersi un Servegnini pronto a istallarsi alle Pari Opportunità per garantire così la depilazione totale secondo i dettami di Rocco Casalino e, ultimo, ma non ultimo, i diritti delle suore laiche.
Riotto e Servegnini sul carro di Di Maio e di Salvini. Non è vero, non è vero. Mieli smentito dai fatti. Tutti i giornali – il Corriere della Sera tra i primi, La Stampa a ruota – sono al fianco del governo giallo-verde. Instancabile, Joe, arriva al Consiglio dei Ministri con la sua prima commovente iniziativa: la giornata dell’orgoglio in impermeabile, ovvero, il Frangetta Pride. Nessuno può tirarsi indietro e tutti, ma proprio tutti – Carelli è quello che mette subito mano al phon – si fanno il frangettone.
Riotto e Servegnini sul carro di Di Maio e di Salvini. Non è vero, non è vero, infatti. E Mieli, ebbene sì, aveva sbagliato. I giornalisti sono tutti nella sequela di Carelli, anche Fabio Fazio, per dire, si ritrova al posto di Luca Lotti e Servegnini, dal proverbiale entusiasmo, oltre al presidente del Consiglio dei ministri, riesce a convincere anche il suo editore, Urbano Cairo, a schierarsi col Frangetta Pride e il padrone del Corriere e de La7, che se la fa la frangetta, altroché se non se la fa, rifiuta però lo sbiancamento della suddetta: “Il crine è nero e tale rimane!”.
Riotto e Servegnini sul carro di Di Maio e di Salvini. Non è vero, non è vero che tutti i giornali sono contro. E tantomeno i fuoriclasse dell’informazione qual è il nuovo ministro del Lavoro – in cerca di – Mario Orfeo Orfei detto Moiro, in ogni modo confermato alla direzione generale della Rai, bravissimo ad adattare sulla sua spaziosa fronte la frangetta d’ordinanza, appiccicandovi i post-it (vero, Irene?) con tutte le massime di Joe, ormai celebri più di quanto non fossero i pensieri di Mao al tempo di Mao.
Riotto e Servegnini sul carro di Di Maio e di Salvini. Mieli ha avuto torto e tutti i giornali, ci mancherebbe altro, si sono poi schierati a favore del governo del cambiamento. I migliori ministri arrivano dalle redazioni e anche La Repubblica, il giornale dell’Italia migliore, non può esimersi dallo scrivere la storia. Al ministero della Distribuzione del reddito di cittadinanza arriva nientemeno che Michele Serra, felice di scoprire come sono fatti i poveri (ovvero tutti quelli che si sono diplomati negli istituti tecnici per poi diventare bulli laureandosi a pieni voti in disoccupazione).
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