Quello che amo ricordare di Pannella
Di Pannella amo ricordare come insegnò a Gramellini di non mostrarsi mai debole con Doina, la ragazzina rumena dell’ombrello maledetto. O, a Travaglio, su come infierire sempre sulle debolezze degli umani. Così come, all’onorevole Gasparri, di tenere maschio il punto contro qualsiasi amnistia. E a Berlinguer di non mollare, qui davvero mi raccomando, Enrico, sulla superiorità morale dei comunisti. Ricordo, di Pannella, un’immagine col bavaglio. Che agli ingenui parve un atto di accusa contro la stampa supposta disonesta.
Nulla di più falso. Dal momento che la stampa sequestrò lestamente quella stessa immagine a difesa della propria onestà indiscutibile. Ricordo le sue battaglie per la giustizia giusta magnificamente assimilate dal dottor Davigo e, quantunque più di sghembo, dalla regina delle lettere anonime pubblicate a fin di bene, l’inappuntabile signora Sarzanini del Corriere. Siccome nessuno è perfetto, tocca ricordare come considerasse legittimo abortire fino a che quel grovigliaccio di inutili grumi, detti feto, non avesse compiuto i quarant’anni. Siccome nessuno è del tutto imperfetto, sarà pure stato mezzo frocio come dicevano, Pannella, ma mi pare di ricordare che: ora ti sposo, non l’abbia detto a nessuno dei suoi amabili segretari.
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