Quante angherie sta sopportando il professor Asor Rosa
Non bastasse il referendum, è dura venire anche a sapere che uno dei nostri intellettuali più prestigiosi sia sottoposto a torture da parte di una potenza straniera.
Molto stiamo già sopportando con questa campagna elettorale. E’ dura, nel mentre, venire anche a sapere che uno dei nostri intellettuali più prestigiosi sia sottoposto a torture e angherie da parte di una potenza straniera. La denuncia del professor Asor Rosa, sulla Repubblica di ieri, è apparsa circostanziata: il Vaticano mi sta facendo un fast-food sotto casa. 538 metri quadri di McDonald’s in quel di Borgo Pio, Roma, “a settanta passi da San Pietro”, “novanta da Santa Marta”, “quaranta dal porticato di Bernini”, e “a mezzo metro dal portone di casa mia”, avrebbe potuto aggiungere il letterato senza per nulla dover tradire la topografia. Minchia. Ne deriverebbe che le puzze da big-mac, mescolate all’indicibile bordello provocato dagli stomaci proletari della cristianità più beghina, vale a dire la più fitta, potrebbero interferire, di questo si lamenta giustamente Asor, non solo sull’estetica di uno dei sestieri maggiormente preziosi di Roma, ma altresì sulla capacità di concentrazione che solo la tranquillità può consentire allo studioso. Fin qui la denuncia. A dirla per com’è: un enorme Mac Rosald Asor starebbe nascendo sotto la magione dell’italianista più illustre. Per disposizione, oltreché per scelta, di quello stesso soglio Petrino il quale, mentre recedeva facile dalle Mercedes con autista, o da una croce d’oro sul petto di tanto in tanto, di meno dalla mercede di quel fichissimo e storicissimo locale concedibile in pigione. A quella multinazionale, poi. Puah! Superglobal. Puah! La misericordia del sacro Intervistato te la concedo, sembrava sussurrare il professore all’amico Scalfari, ma come se la cava Lui, Quello, con l’estetica? Col rispetto di Roma-centro? Con la ripulsa della spietatezza del mercato? Perciò. Ci mancherebbe pure, stando così le cose, che Mario Calabresi, poveretto, avesse negato ad Asor Rosor un paginone per incazzarsi. Mica da scrofa-killer, che onestamente non si poteva dire, epperò da quelle parti. Si fosse chiusa lì. Macché. La questione McDonald’s – Mac food – Mac Asor- Mac Rosor – Mac Pio – Mac Borgo – Mac Bergoglio mio – Mac padrone di casa – Mac che, non lo so? – Mac Santità, proprio lì sta casa mia – e io ci Mac studio – e perché Mac Lei, allora, viene a rompere i coglioni proprio a me per quattro soldi di pigione? – ecco dunque che tutto ciò implicava, causa il lignaggio mica da ridere dei contendenti, un livello di dibattito come minimo teologico. Facciamola corta. Sostiene con non poche ragioni, il professore, che: “Una discussione di tale livello era dai tempi del Consiglio di Nicea”. Il cardinale Sgreccia gli ha riferito di aver riflettuto: “Non basta pensare agli affari, la megapanineria a Borgo Pio è un obbrobrio”. Laddove il cardinal Calcagno, riducendo la natura divina solo al Padre: “C’è stata una trattativa per l’affitto. Gli uffici tecnici dell’Apsa hanno ritenuto congrua l’offerta dei dirigenti dell’azienda americana e l’accordo è stato stipulato. Non vedo lo scandalo”. Quando Giovanni Paolo II morì, due milioni di cattolici furono ai funerali. Era il 2005. Già abitava a Borgo Pio, Asor Rosa. Un milione di fedeli gli pisciò sul portone di casa. Per malizia, forse. Più probabilmente, per urgenza. La cosa si seppe. Più che altro si avvertì. Comprensibilmente, lui se ne lamentò. Si contorse. Deduce ora, per il nuovo e supposto disagio: “Si sta manifestando un’ondata crescente di scontentezza e di rabbia, che ormai va al di là della fenomenologia grillina”. In 11 anni s’è asciugata, quella pipì. Ci aggiunge il gesuita Francesco, buon peso, una tonnellata di mollica americana. Completamente asciutta. E chi bagnata la mette, non godrà di assoluzione. E quello, colto come si ritrova, ancora la rimena che per il suo tinello basta un No.