Dietro il dilemma tra presepio e presepe
E’ davvero urgente che ci diamo tutti una regolata, a questo punto. Ma urgente, eh. Noi che abbiamo votato Sì, per evidenti motivi. Ma anche quelli del No, che pure hanno stravinto, non sembrano benissimo messi
E’ davvero urgente che ci diamo tutti una regolata, a questo punto. Ma urgente, eh. Noi che abbiamo votato Sì, per evidenti motivi. Ma anche quelli del No, che pure hanno stravinto, non sembrano benissimo messi. Prendete una persona intelligente e brillante come Pigi Battista, editorialista storico del Corriere. Proprio l’altro ieri ha scritto: “Finiti i referendum inutili e stressanti, torniamo alla sostanza della vita vera: albero, presepe o niente? E se presepe: presepio o presepe?”. Dove, accanto al tono elegante e scanzonato del signore che sa vincere, perché ci passa sopra, era il finale a preoccupare. Quell’ultima domanda, l’alternativa secca, definitiva, tra presepio e presepe. La quale, così drammaticamente posta da uno sperimentato terzista che, fino a poco tempo fa, avrebbe spiegato con dovizia di analisi (e di sagge ragioni) come si sarebbe potuto tranquillamente aggirare il problema dicendo presepo, presepa, ma volendo presepia, bè, un segnale di equilibrio non è sembrato.