Le ragioni della vittoria del M5s che nessuno vuole dire
Pigi Battista ha bollato le colpe degli intellettuali chic fiancheggiatori del renzismo, ha raccontato le ragioni della sconfitta del Pd. E quelle del successo elettorale di chi ha vinto?
Non proprio un J’accuse alla Zola, ma siamo lì. Non con una, con mille ragioni, dalle colonne del Corriere della Sera, che è poi L’Aurore de noantri, Pigi Battista ha bollato le colpe degli intellettuali chic fiancheggiatori del renzismo. La depressione luttuosa è passata, orsù, li ha mazzuolati lui, tradendo coraggiosamente il terzismo proprio quando le forze (era bastato un No) risultavano tre. Cerchino di capire il popolo, costoro. La smettano di coprirlo di improperi. Di indicarlo come alieno mentre incarnavano, loro, per chissà quale decreto, il voto razionale. Ché la pancia sono poi sempre gli altri mentre, loro stessi, sempre i cervelli misconosciuti dalla volgarità dei più. La piantino coll’indicare nei bassi istinti del popolo, nelle sue spregevoli pulsioni plebee, l’irrazionale e puerile rabbia di chi è loro alieno. Si attrezzino a capire il mondo, qui giunti, studino cose utili, mettano il naso fuori dai loro appartamenti. Non ha detto di lusso, ma si capiva abbastanza. Interrompano quindi, questi sconfitti frustrati e viziati, il costume di chi, amando, si ostina a non accettare di non esserlo. Diciamola tutta: questi popolicidi. Hanno perso: “Ci sarà pure un perché alla sconfitta, no?”, si è chiesto Pigi. E Pigi ha ragione, tu pensi. Poi rifletti, en passant, su quel vecchio avviso di garanzia per l’Amor nostro recapitato nel 1994, tramite Corriere. O alla “Casta” diventata, tramite Corriere, il libretto rosso dell’Unità d’Italia. Strana Casta, priva di giornalisti e magistrati. E ti vengono in mente intellettuali noti. Mieli. Mentana due gradini sotto ma due audience in più. E molti altri, intendiamoci bene. E la narrazione sulle tivù, durata venticinque anni. E la legge Severino retroattiva. E le Olimpiadi a Roma, che farle non si doveva, datosi che il paese nostro era il più ladro. E la Raggi, che meritava fiducia, come no. E il gruppo parlamentare emergente, quello del Vaffanculo, diretto da una società privata senza che un cacchio di giornalista italiano controllasse alcunché. Ti dici, allora: il nostro Zola ha ragione. Ma ci sarà pure un perché alla vittoria, no?
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