L'accordo di programma tra Israele e Fatah
Mentre la Gaza palestinese brucia, ai fratelli palestinesi del West Bank sembra non fregargli una mazza
Che cosa, non saprei, ma qualcosa bisogna fare di sicuro. Una visita dall’oculista, una colletta per abbonarsi a un giornale straniero, insomma, una questione è più certa della cameriera di Fico: i corrispondenti nostrani dal Medio Oriente non riescono a notare che, mentre la Gaza palestinese brucia, ai fratelli palestinesi del West Bank sembra non fregargli una mazza. Cenano, guardano le serie in tivù, fanno due chiacchiere seduti nel cortile, ci fosse poi un cane che va a bruciare un copertone in solidarietà con Gaza. Non c’è. Perfino la terribile Jenin, appena sopra la combattiva Nablus, pare tranquilla come manco Vigevano per la sagra dell’asparago. Mistero. Ma un motivo ci dovrà pur essere, se quel miliardario antisemita di Abu Mazen si limita a farfugliare scemenze tipo che “non si è trattato dell’inaugurazione dell’ambasciata americana, a Gerusalemme, quanto dell’apertura di un insediamento coloniale”. E stop, quasi un gradino sotto al Fratoianni delle fasi più incendiarie. Solita figura da pirla, invece, per l’Italia. I leader di Israele e di Fatah sembrano aver trovato in cinque minuti l’accordo di programma per eliminare Hamas, mentre i nostri due napoleoni ancora si contorcono nel tentativo di capire se flat tax vuole davvero dire, come sostiene Casalino, appiattire i taxi.