Quell'espressione un po' così di Giuseppe Conte
Esibisce la pochette, come a compensare un qualcosa che vorrebbe davvero esibire, ma che non ha; si offre, così mostrandosi, come il gemello di Giorgino Tiggìuno cui è toccata in sorte la politica
Basta guardarne l’espressione per capire che si avverte lui stesso, si sente, si vive esattamente come quell’altro miracolato di Pietro Grasso al momento in soffitta; è incolpevole: doveva seguirlo, l’impulso a infiocchettare il curriculum, perché era all’evidenza più forte di lui; esibisce la pochette, come a compensare un qualcosa che vorrebbe davvero esibire, ma che non ha; si offre, così mostrandosi, come il gemello di Giorgino Tiggìuno cui è toccata in sorte la politica; accetta senza tormenti visibili, anzi, con elettrizzato compiacimento, il giudizio generale e definitivo (anche dei suoi, soprattutto dei suoi) di mezzacalza; prende ufficialmente ordini né dà l’impressione di saper, di poter, interloquire con alcuno; andrà a ricoprire un incarico dove il suo vice, che non si chiama Metternich, se mai Giorgetti, ricoprirà l’incarico al posto suo facendogli fare il vice, e pure quello per finta; vale come statista quel che vale, insomma, ma farà il presidente del Consiglio. Lui, ‘sto Carneade che nemmeno. La guida di sessanta milioni di persone. Sessanta. Milioni. Bon. Continuate pure a dire che venerare Padre Pio non serve a un cazzo.