Come (non) fare opposizione ai populisti
Gli intellettuali consigliano di non prendere per il culo chi sbaglia il congiuntivo (anche se si tratta di uno "statista")
Ma siamo persone normali, santamadonna, mica tutti statisti, tutti filosofi, tutti romanzieri da Nobel o intellettuali raffinatissimi tipo Enrico Mentana. E che storia è mai quella per cui, se il tipo comunica urbi et orbi che ha andato a squola perché mi anno imparato le culture, manco dovremmo prenderlo per il culo? Eh no, così governeranno trent’anni, ti dicono gli stessi, facciamo un nome a caso, Mieli, che li hanno portati a governare. Eh no, alzano il dito, sono atteggiamenti aristocratici. Che schifo! E farà schifo. Ma di quale minchiata stiano parlando, questo non si capisce.
Noi, del ceto medio apprensivo, si prova solo a sorridere di chi ci governa, di ministri, di statisti, di presidenti del Consiglio che confondono il Liechtenstein con l’Angola e il numero due col trentaquattro. Mica del lattaio. Che se non sa questo cazzo, sa quell’altro. Che fa il mestiere suo e con lui si va a cena volentieri. Quasi sempre. Ma quelli insistono: non si fa in questo modo, in ogni caso, l’opposizione. Che nessuno lo nega. Andassero a menarla al Che Guevara Martina, però. Dessero una pacca sul sedere dell’Amor nostro, se ancora non stanno lì a schifarlo per un vocabolario non à la page come il loro d’antan.
Quanto a noi, se un direttore di giornale ci spiegasse (siamo volgari, mica siamo la Bianca) che figa si scrive con due gi, opposizione non potremmo chiamarla, ma prenderemmo per il culo perfino lui. E strategico non sarà. E aristocratico non sarebbe. Ma umano sì. A meno che. A meno di non fare tutti un passo avanti. Di chiudere con i noi stessi di prima. A meno di non recarci in massa all’ufficio dell’anagrafe, Gian Antonio Stella e Ernesto della Loggia compresi, avvicinarci allo sportello e dichiarare all’impiegato: vogliamo cambiare il governo. E che mi frega a me? Cambiare cognome, stiamo dicendo. Tutti? Tutti! E chiamarvi come? Bismark.