Il Truce è un cultore di Leopardi
Nessuno lo sa, nessuno lo dice: Matteo Salvini è innamorato di quell’Infinito che in questi giorni compie due secoli
Trattare gli avversari per quel che sono, mai più deturparli, mai più guardarli dall’alto al basso. Tra l’altro, come s’è visto, granché non rende. Bene. Ricorreva ieri il bicentenario della composizione dell’Infinito di Giacomo Leopardi. Nessuno lo sa, nessuno lo dice, ma Matteo Salvini, il barbaro, è un cultore di Leopardi. Non lo testimonia un tipo qualsiasi, lo dice Davide Rondoni, stimatissimo poeta, curatore di collane di poesia, ideatore di festival colti e fondatore del clanDestino, con la sua D maiuscola tutt’altro che banale. Salvini stesso ne citò un verso all’ultima Pontida: “Amare è l’occupazione di chi non ha paura”. Ma tornando al punto. Fu a un convegno di un paio d’anni fa sulla demografia che Rondoni commentò il Canto notturno di un pastore errante dell’Asia. Solo Salvini lo avvicinò alla fine, gli chiese, parlarono insieme di Leopardi. Per via di quel pastore, forse, o forse perché errante, chissà. Finché, un verso dopo l’altro, e canto dopo canto, il ministro degli Interni s’innamorò perdutamente di quell’Infinito che due secoli compie in questi giorni: “Così tra questa immensità s’annega il pensier mio: e il naufragar m’è dolce in questo mare”. Già bastava “s’annega” da solo , ma “il naufragar m’è dolce” tagliò la testa al toro.