Quel genoano di Alfredo Biondi
A Genova ci sono due squadre e lui ha scelto quella sbagliata: che Dio lo perdoni
Di nuovo sulla morte di Alfredo Biondi. Perché Ferrara e Vitiello non l’abbiano ricordato come si doveva? Macché, più che perfetti. Perché, origine pisana, non fosse Biondi genovese più di me? No. Forse perché quella vergogna di giornale che è Repubblica, nella sua nobile versione di carta, non ne ha nemmeno ricordato la morte? O perché Molinari, che si sperava venduto, ma minimo a Israele, si è rivelato invece un direttore-sambuca? O perché quella massa di cornuti che lo massacrò come ministro anti Di Pietro, o meglio anti-tortura, e a questo punto tocca fare un nome, diciamo Paolo Mieli, non sia già pronto a ricordarlo tra un paio di decenni come “l’ultimo liberale”? Neppure questo. Si torna forse su Biondi, allora, perché ebbe contro un baciapile falso come Scalfaro? O perché le croniste alla Sarzanini (simpatica, quindi peggio della Milella) arrivarono a fare di lui un secondo Tortora, quantunque linciato in maniera diversa e infinitamente meno drammatica? Erano del resto, i due, di scuola simile e della stessa città? Ancora una volta, no. Servono solo, queste stupide righe, a ricordare che a Genova esistono due squadre. E quel magnifico stronzo, poi che Dio lo perdoni, era genoano.