Siamo passati dai cerchiobottisti ai cerchiotettari
La vicenda della magistratura al galoppo spiegata con Pierluigi Battista
Facciamo che abbiate letto l’articolo che nominerò alla fine. Chi ha tempo da perdere, niente domande all’Inps per fare il nonno, nè per guardare il sedere della badante nuova, pensi a un rottame. Tipo me. Nato prima dei Cinquanta. Del Novecento, certo. Genova. Famiglia per bene e di sinistra. Magliette a strisce mancate per un pelo, Sessantotto, triangolo industriale già kaputt, casa mia tutta un Iri, morti gli Ansaldo, frustrazione, terzo angolo dello sviluppo spuntato fuori dal veneto della polenta, ma vivaddio, lotta di classe, Mirafiori. I quarantamila di Mirafiori, fine della lotta di classe. Berlinguer? No grazie, rottamabili che crescevano a modo loro. Meglio Craxi. Qualche fatica, gli amici del cuore lontani. Venduto. Non del tutto. Meglio quel Berlusconi all’assalto, dell’Occhetto che forse amavi , questo chissà, ma non stimavi. E arriva Di Pietro. Col compagno Pacini Battaglia. Con Gherardo Colombo, molto affine al mio Gad senza padroni, devo dire, solo che Gad da quando era nato. E affine a Davigo con Scalfaro, il quale una iena sembrava, politicamente parlando, e al proclama in tivù di monsignor Borrelli, (previo sputo in faccia all’avvocato Biondi, perché avvertì tra i primi come le statue non andassero abbattute).
Venne quindi, proprio dopo, il magistrato universale. Che sputava in faccia a tutti i Craxi del mondo. Poi a tutti i Berlusconi. Poi agli altri. Poi alla Repubblica italiana. Con la sinistra unita, tutta dietro. Che finì per ficcarsi nelle mutande di mia sorella. Il travaglio non voleva mutande. E qui la pianto. Leggo però, sul Corriere della Sera di oggi, un intellettuale a tutto tondo come Pierluigi Battista, diciamo un coetaneo, che spiega come la vicenda della magistratura al galoppo, della giustizia negata, delle carriere costruite sul caso Tortora, o perfino sul caso Biondi (questo riguardava abbastanza il Corriere di quegli anni), ma addirittura su quanto successo (dottor Franco o no) nel 2013, che spiega, si diceva, come la monumentale vicenda si riduca, vergogna, nell’inelegante favore alle tettine delle loro lei da parte dei parrucconi della corporazione giudiziaria. Alleluja, comunque: dai cerchiobottisti siamo approdati infatti, ed era ora, ai cerchiotettari.