E’ disperante, si resta muti, senza parole, di fronte alla triviale ingiustizia che ha travolto la vita e l’onore di Ottaviano Del Turco. Lo accusò un patentato mascalzone, ma è inutile dirlo. Non potrai dire che subì una condanna senza prove. Dimostrerai che venne condannato secondo logica del cane che non mangia cane, o che cronista giudiziario non mangia magistrato, così come, in genere, giudice non mangia pm? Rischierai anche tu la denuncia. Niente si può dire. Non che il Senato approvò una legge vergognosa sul valore retoattivo delle sentenze, la quale tra l’altro sta mettendo Del Turco alla fame. Non che la presidente del Senato dovrebbe nascondersi in un bosco per senso elementare della vergogna. Non che la condizione materiale di Del Turco, un tumore, l’Alzheimer e il Parkinson, invocherebbe di per sé una sorta di pìetas, pelosa che fosse, pure da parte dei mascalzoni. Di un Travaglio, per dire. Nemmeno questo. E inutile sarebbe denunciare i compagnucci di allora, che tacciono ancora. Niente. Si è restati davvero muti, senza parole. Una sola speranza. Tremante fiammella. E la fiammella è questa: che voglia scriverne sul Fatto il compagno Gad Lerner, implacabile vergine in punta di mannaia.
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