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Ma è sempre la stessa Toscana?
Quando la terra del Chianti, di Dante e del Brunello diventa un postaccio dove pare che vaccinino le lobby, lasciando i settantenni e gli ottantenni a schiattare, la domanda sorge spontanea
La geografia, quanto è bella. Sa essere sorprendente, rivelatrice, poetica, direi perfino affettuosa, la geografia. Può ricordarti una nascita che non supponevi, l’amico di cui scopri un frammento di percorso, quella sosta brevissima, ma decisiva. Oppure indicarti i due quartieri operai della Sampdoria, la prima squadra genovese senza più il fascismo, quantunque rimanesse il Genoa la squadretta dei portuali. Bella la geografia. Con i confini o senza, politica o no. È la Storia d’Italia attraverso i Comuni di pianura o di collina e con le sue regioni, infine, dove quelle di centro amministrate magnificamente, altro che le altre. Vedi bene perfino la Toscana. Un postaccio dove pare che vaccinino le lobby lasciando i settantenni e gli ottantenni a schiattare. Per cui ti domandi: ma sarà mica la stessa? La stessa Toscana del Chianti e di Dante e del Brunello? Quella bellissima, dolcissima terra strapiena di pecoroni i quali da più giovani, e sentendosi meno fragili in zona rossa, votarono a valanga nel Mugello per diffondere il virus di Antonio Di Pietro?
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