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L'intervista al capo di Pfizer dice molto sul capitalismo
Non dice nulla su complotti, dittature sanitarie e piani di dominazione. Ce n'è abbastanza perché molti restino delusi
Ma che stupenda intervista di Federico Fubini al capo di Pfizer, sul Corriere della Sera. Procuratevela, leggetela. Si chiama Albert Bourla, è greco ed ebreo, parla inglese alla greca, la madre sottrasse la famiglia allo sterminio corrompendo un ufficiale nazista a Salonicco e per il vaccino ha rifiutato i contributi lauti offerti dallo Stato, “poi lo Stato controlla, e giustamente, ma io volevo che i nostri scienziati fossero completamente liberi: è così che hanno salvato il mondo in tre mesi”.
Accordi commerciali di Pfizer con BioNTech? Una stretta di mano e un paio di mesi dopo un contrattino di due pagine, invece che le solite mille. Scienziati ebrei e turchi musulmani lavorano insieme? Certo. E abbiamo scelto Israele per testare il tutto? Certo. Israele è piccolo, ma significativo, i risultati sul cambiamento di vita della popolazione li vedi subito. Insomma, leggetevi l’intervista, dice molto di più. Infinitamente di più. Anche sul capitalismo? Anche. Già.
Vero è che nell’intervista non c’è nulla su Soros, non c’è traccia di dittature sanitarie, si nota reticenza sui rapporti con Israele per dominare il mondo e non si parla di Big Pharma, né dell’acqua di fogna dentro le fiale. In altri termini, ce n’è abbastanza perché il signor Bacco si spari in un piede, perché il dottor Giorgianni lasci perdere i geocomplotti sui vaccini cominciando a studiare giurisprudenza, perché il dottor Gratteri scriva almeno una postfazione e perché l’immancabile Gad chieda di nuovo scusa a chi cazzo gli pare, cominciando magari da Topolino.