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Lo sfogo dell'assolto
Dell'inchiesta Unipol-Sai non rimane niente di niente, si trattava di balle montate per un decennio. La solita disgrazia di un magistrato narcisoide
La solita storia, un processo iniziato otto anni fa, gli arresti, la gogna dei giornali che organizzano il pacchetto di mischia per l’accusa, vite stravolte, rovinate, finché, puff, è di qualche giorno fa la notizia che nell’inchiesta Unipol-Sai sono stati tutti assolti. Niente rimane, niente di niente, si trattava di balle montate per un decennio in seguito alle quali l’amministratore delegato Marchionni, condannato prima a 5 anni, si abbandona adesso allo sfogo: “in otto anni non mi ha chiamato nessuno, non un conoscente, non un amico, dico nessuno, il silenzio più nero, sono stato solo, sempre, nemmeno una parola di conforto, non una pizza con un essere umano, neppure un ‘fatti coraggio’. Siamo stati io e il deserto”.
Per otto anni. Terribile, vero? Senza dubbio. Non si può non domandarsi, però, che accidente di vita felice avesse fatto il dottor Marchionni fino al momento prima della perfida accusa. Vorrà forse dire che, senza la disgrazia di un magistrato narcisoide disposto a rovinarlo pur di mettersi il rossetto, avrebbe continuato a girare per trent’anni sulla Maserati nuova senza scambiare due parole con un cane?