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Sul libro della Boccassini, c'è da dire che l'amore è l'amore
Non c'è dubbio che il racconto del magistrato sia frutto di fantasia e di quella particolare patologia che impedisce ad alcuni di poter rinunciare al protagonismo cui vennero abituati nei decenni. Ma se mai ci fosse qualcosa di vero, bisognerebbe fare due considerazioni
Non esiste alcun dubbio che il racconto sia frutto di fantasia e di quella particolare patologia che impedisce a talune, e a taluni, di poter rinunciare al protagonismo cui vennero abituati nei decenni. Detto questo, e se mai fosse vero ciò che la signora Ilda Boccassini ha tenuto a raccontare in un libro a proposito di viaggi intercontinentali superlusso (quantunque per lavoro) con un collega che amava; oltre che della notte passata abbracciata con lui, delle canzoni di Gianna Nannini che esasperavano le passioni e dei servizi esclusivi (quantunque sempre per lavoro) di cui godevano a bordo (figuriamoci quindi una volta a terra); e se rispondesse allora al vero che quella vita da nababbi per quell’amore fino a ieri indicibile veniva resa possibile dal denaro pubblico (com’era giusto, trattandosi di lavoro e soprattutto di sicurezza), una cosa ci sentiremmo di dire, massimo due. La prima, ragionando con la nostra testa, è che l’amore è l’amore, che chi se ne sbatte se quei due se la godevano un po’, bastava che lavorassero con qualche scrupolo per la comunità, e che sarebbe carino evitare quindi di menar loro eccessivamente il torrone. Anche oggi. La seconda, ragionando invece secondo il metodo con cui la dottoressa Boccassini, quand’era magistrato, guardava il mondo, è che, di fianco alle notissime “olgettine”, sembravano operare con piacere le molto più legali “ergastoline”.