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L'ego di Elly Schlein
Non è quello che pensate voi. Anche se nutriamo una naturale prevenzione verso chi esordisce nel curriculum informandoci di aver avuto parte nella vittoria di Barack Obama alla presidenza degli Usa
Elly Schlein ha sciolto la riserva, si candida a segretaria o a segretario del Pd. Ha tre cittadinanze, svizzera, americana e italiana, iniziò in politica dal basso, da deputata europea nel 2014. Noi nutriamo una naturale prevenzione verso chi esordisce nel curriculum informandoci di aver avuto parte nella vittoria di Barack Obama alla presidenza degli Usa. Prevenzione doppia verso chi scrive di aver avuto due parti su due vittorie di Obama. Per chi, come noi, può dire di se stesso dell’unica parte svolta nella catastrofe della moglie, candidata alle politiche italiane del 1976, c’è poco da aggiungere. Siamo invidiosi e maligni. Perciò curiosi. In tre lustri di attività politica, la candidata segretaria, o segretario che si chiami, ha contribuito a girare un documentario sugli sbarchi albanesi dalle navi; a promuovere “OccupyPD” quando gli amici suoi segarono Prodi al Quirinale; a organizzare, nel 2012, “ProMiGré”, festival di interessanti incontri sull’immigrazione. Poi ha mollato Renzi passando con Civati. Lucida scelta. Nient’altro. Ah, no, vicepresidente della Regione Emilia. E lì qualcosa avrà pur fatto. La sua parola d’ordine: “Slow Foot”; il suo hastag: “#siscriveschlein”. Possedendo un cane, probabile che l’abbia chiamato “Ego”.