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Finché c'è Lerner c'è speranza
Israele e le sue istituzioni sono nel caos, l'Iran gode. Ma resta che una possibilità
Benjamin Netanyahu non ne azzecca più una? L’esercito è spaccato. Il ministro della Difesa, che era il suo miglior amico, è stato licenziato. I reparti d’élite della difesa sionista hanno manifestato la loro preoccupazione. I servizi segreti, ufficiosamente, non nascondono la propria. Altri due ministri sono in bilico. Tel Aviv intasa le sue strade, infuriata per le posizioni del capo del Governo e decisa a non mollare. L’Iran gode. Arricchendo uranio. Le organizzazioni terroristiche srotolano intenzioni a breve. Lo scontro tra politica e giustizia sembra suggerire che Davigo e parenti abbiano preso casa a Gerusalemme. L’imbarazzo è enorme. Tra cinque minuti, mentre noi stiamo scrivendo la presente stronzata, Netanyahu si rivolgerà alla Nazione e si mormora, in proposito, di possibili mediazioni destinate a sopravvivere qualche settimana, non di più. Come, altresì, di mediazioni impossibili. Vogliamo dunque scrivere prima di ascoltare. Il capo politico di Israele sa come noi, infatti, di avere una sola, flebile, possibilità, di restarne ancora il leader: finché c’è Lerner c’è speranza.
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