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Domande sui pm per l'ennesima assoluzione (dopo ottanta mesi dentro)
Dal '96, per l'omicidio di un gioielliere a Mantova, una dozzina di persone diverse sono state accusate, carcerate, poi assolte. Sei anni fa, gli ultimi cinque: duemilaquattrocento giorni in galera. Finché, due giorni or sono: “Non hanno commesso il fatto”
Un’altra volta. L’ennesimo caso. Assolti dopo trent’anni. 27, per la precisione. Avrebbero dovuto scontare l’ergastolo tutti e cinque, condannati per aver ucciso un gioielliere di Suzzara, Mantova, nel 1996. Non avevano commesso il fatto. Prima di loro la magistratura inquirente aveva fatto arrestare un giostraio. Galera, poi fuori. Non c’entrava. Dopo di lui altri dodici, dicasi dodici persone, con lo strategico concorso degli inquirenti di Venezia, Padova, Mantova, Verona e Vicenza. Non c’entravano. Qualche annetto, e fuori. Sei anni fa, gli ultimi cinque: “Stavolta son quelli buoni”. Condannati. Ergastolo. Passano (solo) ottanta mesi dentro. Diciamo ottanta mesi perché duemilaquattrocento giorni chiusi, contare, prego, non sono esattamente una bagatella. Finché, due giorni or sono, fuori anche questi perché: “non hanno commesso il fatto”. Non c’entravano una fava manco loro. Ecco. Uno allora due cose può pensare. La prima: ma questa è la dimostrazione che la giustizia italiana funziona. E trattasi qui del deficiente classico cui viene da rispondere: falla provare a tua sorella, allora. La seconda domanda è molto più che innocente: ma i nostri Pubblici ministeri sono tutti laureati al Cepu?
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