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I tafferugli di nonno Gad
Scontri ai cortei mascherati con la purezza della lotta in tempi perduti. Ma sono alibi poco nobili
Corteo. Un altro. A questo ci credo? Ci vado. Vietato? E’ troppo opportuno, ci vado lo stesso. Giusto? Credo. Pigli un cazzotto, un secondo lo dai. Ricordi papà tuo: “Ragiona, piccolo, pensaci su. Se fai a botte e le pigli, raccontami pure che è colpa sua, ma quelle che non t’ha dato lui te le do io”. Modo spiccio, quantunque non senza ragioni. La forza e i doveri dello Stato democratico. I sacri diritti del cittadino. Indiscutibile. Ma io le pigliavo due volte. Non sempre. Quasi.
Non sto dicendo: “Ah, la purezza della lotta ai miei tempi…”. Balle. Solo per sostenere che denunciare chi le ha date lui a te perché non sei riuscito a darle prima tu a lui, nobile non è mai parso. Intanto. Ma attenti alla seconda: cercate di non assomigliare nonno Gad del suo periodo blu. Quante ne prese, nella fase “cancelli Mirafiori”! Tante ne beccò da arruffianarsi poi per vent’anni con quell’avvocaticchio à la pàge, evasore fiscale, un miliardario compulsivo, si direbbe oggi, solo per farsi nominare direttore di qualcosa che a quel ladro apparteneva. Nonno Gad. L’amico di Sartre. Meno di Bobbio. Suppliche senza vergogna seduto all’esterno di un elicottero. Ma niente. E già a quel punto le aveva prese due volte. Al posto suo salì Rossella: tre.
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