Perché l'aperitivo è più efficace di un vertice Fao nella lotta agli sprechi alimentari
Il vertice Fao appena conclusosi ci ha lasciato con un dubbio: l’aperitivo è nemico o no degli sprechi alimentari? Dovessimo rispondere empiricamente, sulla base cioè dell’esperienza dura e pura, ci pare che l’aperitivo sia uno dei metodi di contenimento-sprechi e contenimento-monnezza più all’avanguardia. Capita spesso di imbattersi, infatti – parliamo per Roma ma anche per alcune zone di Milano – in grandi buffet da bar in cui ogni singolo pezzetto di formaggio o pizzetta o focaccina o carota, alimenti già di per sé offerti in quantità non sufficienti a sfamare gli avventori semiubriachi, venga consumato in un batter d’occhio e senza pericolo d’avanzo. (A parte il pane, che viene sempre riciclato, e dunque non contribuisce ad ingrossare i sacchi destinati alle discariche. Si vedano, a questo proposito, i casi del bar Nuvolari a Borgo Pio, nella capitale, ottimamente arredato ma assai frugale nell’offerta cibaria, e del Frida di Milano, divertente locale con cortile in zona Isola, artisticamente popolato ma non certo prodigo di golosità).
Il vertice Fao appena conclusosi ci ha lasciato con un dubbio: l’aperitivo è nemico o no degli sprechi alimentari? Dovessimo rispondere empiricamente, sulla base cioè dell’esperienza dura e pura, ci pare che l’aperitivo sia uno dei metodi di contenimento-sprechi e contenimento-monnezza più all’avanguardia. Capita spesso di imbattersi, infatti – parliamo per Roma ma anche per alcune zone di Milano – in grandi buffet da bar in cui ogni singolo pezzetto di formaggio o pizzetta o focaccina o carota, alimenti già di per sé offerti in quantità non sufficienti a sfamare gli avventori semiubriachi, venga consumato in un batter d’occhio e senza pericolo d’avanzo. (A parte il pane, che viene sempre riciclato, e dunque non contribuisce ad ingrossare i sacchi destinati alle discariche. Si vedano, a questo proposito, i casi del bar Nuvolari a Borgo Pio, nella capitale, ottimamente arredato ma assai frugale nell’offerta cibaria, e del Frida di Milano, divertente locale con cortile in zona Isola, artisticamente popolato ma non certo prodigo di golosità). Capita altresì di chiedersi se gli organizzatori di buffet d’aperitivo, negli ultimi due anni, siano stati protagonisti di una silenziosa svolta verde anti-ogm: sui banconi imbanditi, infatti, sempre meno compare il mais, sempre meno il riso, sempre meno le patate (tutti cibi a rischio coltura ogm, appunto). E sempre più figurano rari cereali granulosi, talmente rari da non poter essere appetibili neppure per l’industria ogm, serviti per di più con verdure scotte, talmente difficili da inghiottire che il povero aperitivista desiste, ordinando infine l’ennesimo beveraggio – e bevendolo tutto: ecco un altro spreco evitato. Delle due l’una: o la tirchieria dei gestori d’aperitivo sortisce, per eterogenesi dei fini, effetti benefici sul pianeta, o i gestori d’aperitivo sono fin troppo sensibili alla voce dei vari Al Gore (che non mettano in tavola per non dover buttare?). Sia come sia, abbiamo capito che, nella sua nuova valenza anti-monnezzara, l’aperitivo fa oggi furore in ambienti insospettabili. Sabato scorso, infatti, all’ora del crepuscolo, Michele Santoro (senza Roberto Saviano) sorseggiava un bicchiere di vino da Reggio in Campo de’ Fiori (chiediamo scusa ai lettori che non tollerano Santoro e/o Campo de’ Fiori). Sul suo volto non c’era ombra di indignazione per l’eventuale montagna di rifiuti (tossici?) prodotta dal residuo di tartina al salmone o dall’esalazione di vodka o dalle miriadi di noccioline sgusciate finite a terra. Santoro era tranquillo. Sa che all’aperitivo, oggi, non si butta via niente.
Il Foglio sportivo - in corpore sano