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Quando la crisi di Alitalia impedisce anche di prendere un aperitivo

Marianna Rizzini

Accade che, in una bella sera di fine estate, un gruppo di aperitivisti sprovveduti si trovi, all’ora dell’aperitivo, in tempi di crisi Alitalia e in condizione di assoggettamento ai diktat di una linea low-cost, nel ridente aeroporto di Trapani (ridente per posizione geografica anche se non proprio per agio e agibilità). Accade che, vista appunto la crisi Alitalia e grazie a un’incrollabile fiducia nell’efficienza del pur dispotico operatore low-cost, i suddetti viaggiatori aperitivisti si trovino improvvisamente a terra, dopo una vacanza in barca (alcolicamente ineccepibile, per giunta) ad attendere una partenza ritardata di almeno tre ore per cause ignote.

Accade che, in una bella sera di fine estate, un gruppo di aperitivisti sprovveduti si trovi, all’ora dell’aperitivo, in tempi di crisi Alitalia e in condizione di assoggettamento ai diktat di una linea low-cost, nel ridente aeroporto di Trapani (ridente per posizione geografica anche se non proprio per agio e agibilità). Accade che, vista appunto la crisi Alitalia e grazie a un’incrollabile fiducia nell’efficienza del pur dispotico operatore low-cost, i suddetti viaggiatori aperitivisti si trovino improvvisamente a terra, dopo una vacanza in barca (alcolicamente ineccepibile, per giunta) ad attendere una partenza ritardata di almeno tre ore per cause ignote.
Cercate dunque di non trovarvi mai, all’approssimarsi dell’ora dell’aperitivo, all’aeroporto di Trapani (ma abbiamo segnalazioni di impossibilità aperitivistica anche dagli aeroporti di Bari, Pisa e Bologna). E se proprio dovete passare da uno di questi snodi all’ora dell’aperitivo, cercate di non arrivarci sprovvisti di un mezzo di locomozione – per spostarvi in un bar decente in caso di ritardo dell’aeromobile – e/o di una scorta fresca di beveraggi – per improvvisare un happy hour all’addiaccio. Altrimenti rischiate di ritrovarvi nella condizione dei suddetti sprovveduti viaggiatori aperitivisti, costretti a ricorrere al misterioso “buono bar” distribuito al check-in trapanese, valevole per panini e gelati ma barattato, dopo una lunga fila, con un altrettanto misterioso “drink”, che però non era un “drink” – niente mojito né vinello, niente Pimm’s né Rabarbaro – bensì una misera birra (orrore, birra all’aperitivo!), da sorseggiare seduti per terra nella più assoluta desolazione. E questo, sorte crudele, dopo aver trascorso perfetti giorni aperitivistici bevendo basilito di San Vito Lo Capo – un mojito con basilico al posto della menta: vorremmo importarlo a Roma, fossimo solo capaci di prepararci un drink da soli – o trangugiando granite al limone con vodka del bar Tramontana a Marettimo o sorseggiando i cocktail perfetti serviti sulle barche-aperitivo (sono una novità di stagione, veleggiano tra Egadi e Sicilia occidentale con a bordo un formidabile barman lombardo che ogni sera sforna nuove combinazioni alcoliche, ovviamente abbinate al pesce appena pescato e servite con pane, salame, olive e “cucunci”, i fiori di cappero locali).

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.