Così in Brasile gli arbitri stuprano il regolamento
La direzione di gara di Carlos Velasco Carballo in Brasile-Colombia non è stata solo pessima, ma anche imbarazzante. Non si è macchiato, il fischietto spagnolo, solo di errori sul piano tecnico e di carenze su quello disciplinare. Venerdì sera è stato stuprato il Regolamento del Giuoco del Calcio.
La direzione di gara di Carlos Velasco Carballo in Brasile-Colombia non è stata solo pessima, ma anche imbarazzante. Non si è macchiato, il fischietto spagnolo, solo di errori sul piano tecnico e di carenze su quello disciplinare. Venerdì sera è stato stuprato il Regolamento del Giuoco del Calcio. Velasco Carballo n'è fregato di regole e norme, del buon senso che viene raccomandato a ogni ragazzo durante il corso per diventare arbitro. Il fischietto iberico ha lasciato correre tutto: calci sulle ginocchia, proteste più o meno urlate, pestoni, fallacci da partite del dopolavoro nelle più profonde periferie sudamericane. Velasco Carballo ha deciso di scendere in campo, quella sera, per fare una corsetta, come si trovasse a Villa Pamphili la domenica mattina. Pure Pierluigi Collina – che a Velasco affidò l'apertura dell'Europeo 2012 in Polonia e Ucraina, con risultati disastrosi – era imbarazzato nel commentarne la prestazione a Sky. Ma se Neymar è finito ko e Zuniga ha potuto liberamente assestare quel colpo (rimanendo impunito), la colpa non è del solo Velasco. Bisogna risalire più su e puntare il dito su chi ha autorizzato, propiziato e suggerito lo stupro del Regolamento. Come può un designatore arbitrale, uno del calibro di Massimo Busacca (grandissimo arbitro svizzero che avrebbe meritato di dirigere la finale di quattro anni fa), raccomandare ai suoi fischietti di ammonire il meno possibile? Che razza di disposizione è questa?
Un arbitro deve seguire un Regolamento. Codificato e preciso, nonché corredato da una casistica. Ed è dovere dell'arbitro sanzionare le condotte contrarie al Regolamento con i cartellini che quel testo gli consegna. Non è questione di essere cerberi o di voler far piangere interi popoli: si tratta di giudicare, di decidere. Di mostrare coraggio. Altrimenti l'arbitro altro non è che un elemento di corredo di uno spettacolo che deve per forza essere spettacolare, anche a costo di vedere vertebre rotte e colpi bassi. Perché tanto, si dice, è bello quando si fischia poco e "si lascia correre". E pare che la Fifa abbia introiettato questa bestemmia, ergendola a must per il mondiale brasileiro. Ma l'arbitro, così, smette di essere arbitro. Diventa una bella lampada da comò, una sorta di paciere che ha più le sembianze di un serafico parroco di paese che di un giudice chiamato a far rispettare le regole. Come scrive Paolo Casarin sul Corriere, "l'esigenza dello spettacolo si è divorata gli arbitri".
A Dracula la semifinale dei padroni di casa
Pochi commenti anche sulla designazione, giunta nella notte e pare dopo una serie di veti incrociati, dell'arbitro della semifinale tra Brasile e Germania. La commissione ha infatti scelto, a sorpresa, il messicano Marco Rodriguez, il Dracula di Uruguay-Italia. Dopo quel match, passato alle cronache per l'esagerata espulsione di Marchisio e il morso di Suarez, il fischietto centroamericano non era stato più designato. Pareva una bocciatura, invece la Fifa ha spiegato che Rodriguez in quella gara ha commesso un solo errore: la mancata ammonizione di Buffon per proteste.
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