Gavillucci può tornare ad arbitrare. Ora tocca a Rizzoli
La Corte d’appello federale della Figc ha accolto il ricorso dell’arbitro dismesso per “motivate ragioni tecniche” dalla serie A al termine della stagione scorsa
La Corte d’appello federale della Figc ha accolto il ricorso dell’arbitro Claudio Gavillucci, dismesso – cioè mandato a casa – per “motivate ragioni tecniche” dalla serie A al termine della stagione scorsa. L’Aia ha annunciato che ricorrerà in ogni sede per far valere le proprie ragioni. Ora, la questione è molto semplice. Gavillucci, per i suoi superiori (Nicola Rizzoli), era il peggiore arbitro del campionato e quindi è stato tolto dall’organico. Esistono dei voti che compongono una graduatoria che determina promozioni e bocciature. Quello che raccontano i giornali (il Corriere della Sera di ieri, ad esempio) sul fatto che sarebbe stato punito “l’arbitro antirazzismo” solo per aver sospeso per tre minuti Sampdoria-Napoli in seguito ai cori di discriminazione territoriale dei doriani contro i napoletani, non c’entra nulla. Non è neanche vero che la decisione di cacciare un arbitro per motivate ragioni tecniche “è inusuale” visto che “l’Aia pensiona i direttori di serie A a 45 anni”. Sì, lo fa, quando gli arbitri sono bravi. Se non lo sono, vanno a casa prima. È sempre stato così. Ed è così che è andata per Gavillucci, ben lieto di restare in A per anni anche quando la sua posizione in graduatoria era molto bassa. Ora, secondo la Corte d’appello federale, dovrebbe essere reintegrato e tornare ad arbitrare. Il fischietto di Latina molto probabilmente non era il peggiore arbitro di serie A (per chi scrive di sicuro non lo era), però la questione è un’altra: se una valutazione soggettiva – il voto neanche a scuola è oggettivo – diventa contestabile fino al punto da essere cassata, a che cosa servono i giudici, gli osservatori, gli uomini addetti a stabilire il voto alla prestazione sul campo? Il problema vero, una sorta di buco nero dell’associazionismo arbitrale, sono le graduatorie segrete. Nessuno sa – più o meno – come è stato valutato. Lo scopre solo a fine stagione, quando vengono pubblicati i cosiddetti “quadri”, con promozioni e bocciature. E qui sta il merito di Gavillucci, che è una sorta di Walesa più che un Martin Luther King: avere aperto un vaso di Pandora che, si spera, porterà più trasparenza.
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