Ricordo una folgorante letterina di Mattia Feltri, qui sul Foglio, che cercava di individuare l’algoritmo della famosa regola dei vent’anni, quella per cui la sinistra riconosce, con vent’anni di ritardo appunto, che alcune cose che aveva ritenuto aberranti, losche, impresentabili, frivole, se non addirittura incarnazioni del male assoluto, a guardar bene tanto cattive non erano. Immagino fosse il 2001, perché l’occasione era il film “La stanza del figlio” di Nanni Moretti, che suscitò un’improvvisa infatuazione di gruppo per il tema della morte.